Duecento
anni fa, il 25 Aprile del 1813, sant’Eugenio de Mazenod dava vita
all’Associazione della Gioventù di Aix. Il primo gruppo era composto da 8
ragazzi, dai 12 ai 16 anni, che presto diventarono trecento. Pochi di loro avevano
visto un sacerdote che s’intrattenesse così tanto a loro e stesse loro così
vicino. Nell’archivio generale OMI in Roma, sono conservate 238 lettere
originali scritte ad Eugenio da parte di questi giovani.
Sant’Eugenio
era prete da appena due anni e non aveva voluto una parrocchia così da “muoversi
liberamente” in una pastorale innovativa. Il gruppo cui dava vita era illegale
e andava contro le disposizioni di Napoleone che proibiva ogni forma
associativa. “L’impresa è difficile – scrive sant’Eugenio –, non è senza
pericoli…, ma non temo niente perché ripongo tutta la mia fiducia in Dio,
cercando nient’altro che la sua gloria e la salvezza delle anime che Egli ha
riscattato tramite il Suo Figlio Gesù Cristo...”
Giovani nella comunità di Aix oggi come allora |
Una pagina degli statuti scritti da sant'Eugenio |
Si riunivano nel seminario di Aix, nella casa della
mamma di Eugenio, nel giardino e nella casa delle Signorine Mille, nella villa
di campagna di proprietà della madre di Eugenio… Quando finalmente due anni più
tardi nasce la comunità dei missionari, l’Associazione trovò casa nella casa
degli Oblati.
Duplice
lo scopo: contribuire a porre rimedio - “con il loro esempio, i loro consigli e le loro
preghiere” - alla situazione critica del cristianesimo del suo tempo, e
“lavorare molto
efficacemente alla loro santificazione” (art. 1).
Tre gli ambiti della loro attività: il gioco (“Si
correrà, si salterà, si canterà; in una parola ci si divertirà finché si potrà,
intimamente convinti che più ci si sarà divertiti, meglio sarà…”), l’impegno
nello studio e nel lavoro, la preghiera. Riguardo alla preghiera: “La preghiera deve essere guardata come l’anima e
la salvaguardia del cristianesimo e della pietà… Non deve essere passeggera e
momentanea… ma continua… di un pensiero di fede diretto frequentemente verso
lui, per attirare la sua grazia nella nostra anima”.
Il modello di questo gruppo di giovani? La prima
comunità cristiana di Gerusalemme: “Essi
si ricorderanno che sono chiamati a perpetuare gli esempi che i primi cristiani
donavano al mondo della nascita del
cristianesimo… Si tratteranno reciprocamente come dei fratelli, all’imitazione dei
primi cristiani, dei quali si dovranno sforzare di riprodurre gli esempi”.
Concretamente voleva dire aiutarsi reciprocamente nelle varie situazioni o
circostanze nelle quali essi potevano trovarsi come la malattia, la povertà…
Nel
lungo statuto scritto da sant’Eugenio per l’Associazione, mi colpiscono, tra
l’altro, queste parole: “Una delle cose più raccomandabili è l’esercizio della
presenza di Dio, che consiste nel pensare spesso che siamo sempre sotto gli
occhi di Dio. Dio, dice la Sacra Scrittura, vede tutti gli uomini in tutti i
momenti. I suoi occhi sono su coloro che lo temono ed egli conosce tutte le
opere dell’uomo..”
Nessun commento:
Posta un commento