Prefetto della città, una volta scelta la vita monastica, Gregorio trasformò la sua villa sul colle Celio in monastero, ora san Gregorio al Celio. A farci da cicerone nientemeno che Innocenzo Gargano, il professore Camaldolese che vive lì. Abbiamo visto la tavola sulla quale Gregorio serviva il pranzo a dodici poveri e dove un giorno ne apparve un tredicesimo, un angelo! Fino alla presa di Roma nel 1870 ogni anno, il giorno del Giovedì santo, i papi sono sempre venuti in questo luogo a servire a tavola 13 poveri (Da qui la superstizione di non essere il 13 a tavola; era nata per rispetto della tredicesima persona: chi poteva pretendere di prendere il posto di un angelo!). Nella cappella Salviati la bellissima Madonna che ha parlato a Gregorio. Lui le diceva “Ave Maria” e lei rispose “Ave Gregorio”.
Gregorio non esitò a lasciare il silenzio monastico per diventare Papa: “Non è possibile, scrisse, preferire la propria tranquillità al bene spirituale degli altri. Cristo, per giovare a tutti, è uscito dal seno del Padre per venire ad abitare in mezzo a noi”.
Ed eccoci allora, dopo aver visto la sua cattedra marmorea al Celio, a santo Stefano Rotondo a vedere un’altra cattedra, e poi una terza, monumentale, nella chiesa dei Santi Nereo e Achilleo.
Da queste cattedre Gregorio teneva alcuni dei suoi celebri sermoni, da vero dottore della Chiesa. “Cos’è la sacra Scrittura – si domanda – se non una lettera di Dio onnipotente alla sua creatura?”. Lui la spiegava “non per la via della fede, ma per quella dell’amore” e anche per l’unità che gli faceva il suo popolo: “Infatti tutti noi che, pieni di fede, osiamo parlare di Dio, siamo strumenti della Verità. E la Verità può fare sentire la sua voce tanto per mezzo mio ad un altro, quanto per mezzo d’un altro a me. Essa sta in mezzo a noi e ci tratta tutti con equità, anche se noi non sempre ci comportiamo con equità”.
Da queste cattedre la parola di Dio prendeva fuoco! “A che cosa dunque paragonerò la parola della sacra Scrittura, se non alla pietra in cui è nascosto il fuoco? La pietra focaia, se la si tiene in mano è fredda, ma percossa con un ferro, sprizza scintille; e questa pietra, che prima in mano era fredda, ora emette un fuoco che poi arde. Così, proprio così sono le parole della sacra Scrittura. Nel racconto della lettera rimangono fredde, ma se uno, con intelligenza attenta, ispirato dal Signore, le percuote, dai suoi sensi mistici vien fuori un fuoco tale che l’animo arde spiritualmente”.
Arrivava al punto di dire: “La contemplazione rende capaci non solo di comprendere la Scrittura che già è stata composta, ma addirittura di scriverla qualora non esistesse”.
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