domenica 22 settembre 2024

La Manfredonia di sant'Eugenio

Manfredonia. Sabato. Sul mezzo del giorno. Città deserta. Non un negozio aperto. Per trovare un panino per il pranzo giriamo mezza città. “A pranzo la famiglia sta unita, stiamo tutti in casa, si pranza insieme. I negozi aprono alle 17.00”. A sera la città non si riconosce. Strade e piazze invase dalla folla. Bambini e ragazzi che giocano tra loro. Uomini, donne a passeggio o seduti sulle panchine. Di tutte le età. Vestiti a festa, anzi qualcuno sfoggia abiti da sera, elegantissimi. Conversazioni a tu per tu, a crocchi. Molti negozi per bambini, nessuno per cani. Di cani a guinzaglio neppure l’ombra. Non si vedono neppure cellulari e se qualcuno squilla, raramente, si sente rispondere: “Scusa sono con gli amici”. Si conversa con i vicini non con i lontani. Cose di un altro mondo, ossia cose di una Puglia di altri tempi che qui sono tempi di adesso.

Doveva essere diversa la Manfredonia di sant’Eugenio de Mazenod, se la definisce “città triste”. Forse non era così curata e bella come oggi, forse era molto più povera. O forse era triste il suo sguardo di ragazzo di 15 anni, dopo tanti giorni in giro per l’Adriatico su una barcaccia. Leggiamo il racconto del suo viaggio da Venezia a Manfredonia (il racconto è lunghissimo, con tutte le peripezie... Qui solo poche righe):

“Ci restava poco denaro dei diamanti che la mia buona madre ci aveva lasciato; bisognò dunque pensare al mezzo di trasporto più economico; il viaggio per terra sarebbe stato troppo caro: quindi non c'era che da fare il tragitto per mare. Ma quale vascello scegliemmo? Una malmessa 'manzera', così chiamata perché serve a trasportare buoi (manzi) dall'Istria e dalla Dalmazia a Venezia”. 

Navigarono per l'Adriatico fino a Manfredonia. Erano partiti da Venezia l'11 novembre 1797 e arrivarono a Manfredonia dopo quarantacinque giorni!!!

“Contenti di essere sfuggiti ai pirati algerini che infestavano questo mare, ringraziammo Dio di toccare terra… Restammo otto lunghi giorni in questa triste città. C'erano le feste di Natale. Mi ricordo che dopo la messa solenne di mezzanotte, si fa baciare a tutti un piccolo bambino Gesù: lo baciai come gli altri, non dirò con più devozione, ma con più rispetto, perché è una vera ressa… Passate le feste ci incamminammo verso Napoli passando per Foggia, Ariano ed Avellino... Ammirammo dappertutto, in questi paesi che attraversammo, la bellezza della vegetazione; la terra è coltivata fino alla cima delle più alte montagne. Arrivammo a Napoli alla sera del 1° gennaio 1798. Eravamo partiti da Venezia l'11 novembre. Terminammo dunque un viaggio di cinquantun giorni”.

Oggi sono stato all’antica chiesa di Siponto. Uno dei capolavori del romanico pugliese. L’apostolo Pietro, nel suo viaggio da Antiochia a Roma, è passato da qui.

San Lorenzo, un’altra chiesa d’inizio secondo millennio, anche questa, come quella di Siponto, solitaria nella campagna. Invita alla preghiera. Il suo portale racconta Vangelo, porta alla contemplazione.

Sembra d’essere fuori dal tempo, già un po’ nell’eternità.




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