lunedì 16 settembre 2024

Era il 17 settembre 1948

Ecco finalmente cosa ho scritto questa sera nel diario. Mi sono bastate poche parole: «Stamani a Montecitorio sono stato chiamato da angeli. (Sono tre religiosi e due terziari, tutti francescani). Tra essi c’era una “giovanetta” che stava iniziando un movimento comunitario a Trento; parlava come un’anima ispirata dallo Spirito Santo».

C’era un timbro inusitato in quella voce: il timbro d’una convinzione profonda e sicura che nasceva da un sentimento soprannaturale. Perciò, di colpo la mia curiosità si è svegliata e un fuoco dentro ha preso a vampare.

Quando, dopo mezz’ora, ebbe finito di parlare, sono stato preso in un’atmosfera incantata, come in un nimbo di luce e di felicità: avrei desiderato che quella voce continuasse. Era la voce che, senza rendermene conto, avevo atteso, da tanto tempo. Essa mette la santità a portata di tutti; toglie via i cancelli che separano il mondo laicale dalla vita mistica. Mette in piazza i tesori d’un castello a cui solo pochi erano ammessi. Avvicina Dio: lo fa sentire Padre, fratello, amico, presente all’umanità.

Ho riconosciuto in quella esperienza l’attuazione del desiderio struggente di san Giovanni Crisostomo: che i laici vivessero a mo’ di monaci, con in meno il celibato.

Una vita interiore, che esce dai ridotti delle case religiose, da certo esclusivismo di ceti privilegiati, si dilata nelle piazze, nelle officine e negli uffici, nelle case e nei campi, poiché dappertutto, incontrando uomini, s’incontrano candidati alla perfezione.

L’avevo coltivato tanto, dentro di me, quel desiderio. L’idea di Dio questa mattina ha ceduto il posto all’amore di Dio, l’immagine ideale al Dio vivo. 

Se esamino il fatto criticamente, trovo che non ho scoperto nulla di nuovo: eppure tutto nuovo: gli elementi della mia formazione culturale e spirituale vengono a disporsi secondo il disegno di Dio. Si mettono al loro giusto posto.

Questa mattina tutto san Francesco, con tutti i rami della sua opera, è venuto a trovarmi in Parlamento. Non è un caso che oggi sia la festa delle stimmate. In questa giovane donna che lui mi ha mandato, mi è sembrato di vedere la luce di Chiara d’Assisi.

È una pagina del reading che ho scritto questa estate sull’incontro avvenuto a Montecitorio, nel giorno delle stigmate di san Francesco del 1948, tra Igino Giordani e Chiara Lubich. Lo abbiamo rappresentato a Falcade in luglio, non causalmente con un gruppo dell’Umbria!

 

domenica 15 settembre 2024

La mia giornata

 

L’aurora dischiude il giorno
domenicale
in un silenzio di colori
pregno di promesse.

La sera il cielo
pacato
ne raccoglie fecondi
i frutti.



sabato 14 settembre 2024

L'insegnamento e l'esempio

 

Dopo aver rimproverato Pietro che non vuol seguirlo sulla via della croce, Gesù si rivolge a tutti i suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». Lo leggeremo in questa 24a domenica e il messaggio è chiarissimo.

Ma questa domenica coincide con il 15 settembre, giorno nel quale abitualmente si celebra Maria i piedi della croce. La domenica soppianta la festa della Madonna.

Ma c’è un commento migliore alle parole di Gesù dello stare di Maria ai piedi della croce? Chi meglio di lei ha seguito Gesù fino in fondo, condividendone la croce, perdendo la propria vita e ritrovandola moltiplicata nella vita della Chiesa?

L’insegnamento di Gesù e l’esempio di Maria.

venerdì 13 settembre 2024

Giovanni Crisostomo, Olimpia e padre Conti Guglia

 

Alla vigilia dell’esaltazione della santa croce abbiamo celebrato la festa di san Giovanni detto Crisostomo, “bocca d’oro”, tanto grande era la sua eloquenza.

Ho ripreso in mano le sue Omelie al popolo antiocheno, pronunciate quando era diacono. Tra la prima e la seconda omelia (le omelie sono 21) una rivolta contro l’imperatore causò una feroce repressione con uno sterminato numero di morti. Il Crisostomo si ferma a lungo su questa tragedia…

La traduzione italiana, apparsa nel 1958 nella Collana patristica della San Paolo, è di p. Carmelo Conti Guglia, un Oblato di altri tempi… Una volta ne ho parlato qui nel blog:

https://fabiociardi.blogspot.com/2018/10/il-rosario-di-p-carmelo.html

Mi ha colpito la dedica del libro: “Ai miei giovani confratelli perché guidati dal Crisostomo nei tesori dei Santi Padri imparino il segreto della vera eloquenza”.

Dovremmo imparare dalla sua eloquenza, ma anche e soprattutto dalla sua vita, fatta di tenacia, di passione per la verità, di amore per il suo popolo… Mi ha sempre colpito come ha vissuto gli ultimi anni della sua vita quando, ormai vescovo di Costantinopoli, viene mandato in esilio. O meglio, vedendo le violenze che i soldati fanno alla sua gente a causa sua, nella veglia di Pasqua dell’anno 404, egli stesso lascia la città dopo aver chiamato nel battistero Olimpia, insieme a Pentadia e Procle, tutte e tre diaconesse: “Venite qui, figlie mie, ascoltatemi. Per quanto mi riguarda sono arrivato alla fine, lo so, ho terminato la mia corsa, ed è probabile che non vedrete più il mio viso. Ma ecco le mie raccomandazioni; che nessuna di voi smetta di essere devota verso la Chiesa… Che Dio abbia pietà di voi. Ricordatemi nelle vostre preghiere”.

Olimpia è della stessa levatura di Crisostomo. Ha edificato un monastero accanto alla casa del vescovo: vi abitano 240 sorelle! “La pia Olimpia – scrive Palladio – preparava ciò che era necessario quotidianamente ai bisogni personali di Giovanni e lo inviava al vescovado…”. Continuò ad esserle vicina e ad aiutarlo “anche dopo la condanna all’esilio, fino alla fine della sua vita, fornendogli tutto ciò che era necessario, a lui e ai suoi compagni d’esilio”.

Le lettere sempre più frequenti che dall’esilio di Cucusa Giovanni indirizza a Olimpia sono una testimonianza fortissima del legame che sempre li ha uniti, anche in quella notte che vivono insieme. Immagina lei che dice: “Non riesco a dissipare questa nube spessa e scura di tristezza, per quanti sforzi io faccia”; ma è anche quello che egli stesso sta vivendo. Poi, nell’ultima tappa dell’esilio verso il Mar Nero, la malattia, il freddo… Anche Olimpia lascia Costantinopoli per l’esilio.

Unica luce le parole da lui pronunciate davanti ai suoi fedeli prima dell’esilio: «Molti marosi e minacciose tempeste ci sovrastano, ma non abbiamo paura di essere sommersi, perché siamo fondati sulla roccia. (…) Cosa dovremmo temere? La confisca dei beni? “Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portare via”. Disprezzo le potenze di questo mondo e i suoi beni mi fanno ridere. Non temo la povertà, non bramo le ricchezze, non temo la morte, né desidero vivere, se non per il vostro bene».

giovedì 12 settembre 2024

Ritorno alla ferialità

 

Dopo quasi tre mesi rieccomi a casa. Dalla mia finestra la città mi saluta con i colori dell’aurora. Quelli di questa mattina non sono il massimo – Roma è capace di ben altro –, ma nella loro sobrietà, mi dicono di ricominciare il lavoro quotidiano nella sua tranquilla ferialità. 

Tutto passa. Conta solo il presente, vissuto con semplicità.


mercoledì 11 settembre 2024

Scandalo ad Assisi

 

“Sono scandalizzato! Eri giovane, bello, con i capelli. Ora sei brutto, vecchio e senza capelli. Sono scandalizzato…”.

Alla concelebrazione nella cappella di santa Caterina nella basilica inferiore di Assisi, avevo accanto a me p. Edi, ma non mi ha riconosciuto. Alla fine della messa, in sacrestia, gli dico: “Ma non mi riconosci? Sono Fabio”. È allora che è scattato: “Sono scandalizzato… In questi giorni ti abbiamo nominato noi frati, sapendo che gli Oblati erano in Assisi, ma come potevo riconoscerti?”. Aveva in mente il Fabio che parlava nella chiesa dei frati quando era ancora diacono, nel 1975! Ci siamo incontrati tante altre volte da allora, ma per lui ero rimasto quello del 1975… L’avventura di Assisi si è conclusa con uno scandalo…

Sono stati giorni belli. Verrebbe da dire: Che senso ha per degli Oblati di Maria Immacolata passare una settimana in compagnia di san Francesco? E invece siamo stati in compagnia di Gesù, di Maria, di Dio... Francesco spariva per lasciare posto a loro. Non è stato un ritiro francescano, è stato un ritiro “spirituale”.

E poi da mettere in conto la comunità, che così rinsalda i legami e ci fa scoprire sempre più fratelli.



martedì 10 settembre 2024

Sulla tomba di fratel Carlo Carretto

 

“Chiunque tu sia, stai entrando all’interno di un luogo sacro. Se ti sta a cuore la tua salvezza venera e adora in ginocchio il figlio della Vergine Immacolata poiché una vittima di tanti grande nome e merito ci ha riscattati tutti dalla morte con la sua morte aprendo agli uomini il Regno dei cieli”. È la scritta del pavimento in maiolica della cappella Baglioni a Spello. Forse era destinato a un’altra cappella, a quella del Santissimo Sacramento, ma si addice pure a questa cappella della natività di Gesù.

Quante volte sono passato davanti a Spello senza mai fermarmi! C’è sempre una prima volta… Ed eccomi in contemplazione degli affreschi del Pinturicchio nella chiesa di Santa Maria Maggiore: un poema, un canto a Maria e a Gesù...

Ho poi camminato fino al cimitero, addossato al complesso di San Girolamo, dove trovo nuovamente il Pinturicchio. 



Da lì si abbraccia tutta Spello...

Ma son venuto fin qui per visitare la tomba di Carlo Carretto. Lo ricordo la prima vola che lo sentii parlare, in piazza Pia ad Albano; era il 1970? La sua testimonianza è ancora viva… Una persona autentica, un puro di cuore. E sulla tomba qualcuno ha lasciato un piccolo sasso con su scritto: “Beati i puri di cuore perché vedranno di Dio”.

Il 24 marzo 1990, il cardinale Carlo Maria Martini, visitando anche lui la tomba, affermò: «Pur se tra loro diversissimi, Francesco d'Assisi e fratel Carlo Carretto sono figure che vediamo come accomunate nel tentativo di realizzare il discorso della montagna nel loro tempo. Francesco rimane in una luce altissima, forse un esemplare perfetto, quasi inimitabile di vita coerente con lo spirito evangelico. Ma il messaggio di fratel Carlo è praticamente uguale a quello del santo: anche oggi si può vivere il Vangelo con coerenza e onestà. Gesù può rivivere, la grazia vince sempre e non c'è complessità sociale culturale e politica in cui la grazia evangelica non possa insinuarsi e trovare il canale di comunicazione. Questo è il messaggio che possiamo raccogliere dalla figura di fratel Carlo, che ha irradiato intorno a sé questa fiducia nella vivibilità del Vangelo e nella gioia di viverlo».









Nel pomeriggio salgo a piedi fino al Monastero di san Masseo, che oggi ospita una delle comunità di Bose. E' un monastero benedettino dell'anno 1000, con una cripta straordinariamente bella. Secondo Tommaso da Celano, san Francesco andava a pregare nella cripta, che si trova a una decina di minuti da san Damiano.

I monaci di Bose mi riservano una calorosa accoglienza... 





lunedì 9 settembre 2024

Il sacro che diventa santo...

 


È la mia prima volta a Gubbio. Che incanto! Ho visto poco, dato che eravamo lì per il ritiro. Ho potuto vedere soltanto il palazzo dei consoli: basta e ne avanza! Tra l’altro è bello vedere come, al pari degli altri palazzi pubblici sparsi per l’Italia, vi dominano affreschi religiosi. La vita civile e quella religiosa, pur distinte, erano profondamente uniti; non si poteva vivere fuori del mistero di Dio, umanato soprattutto grazie alla Vergine Maria, onnipresente...



In questi giorni sto leggendo il libro del Levitico. Mi ricorda costantemente che l’unico eterno sacrificio è quello di Gesù che, “entrando nel mondo, dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato”. Allora dice: “«Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo”.

La legislazione del Levitico mi è tornata alla mente questa mattina al Palazzo dei consoli quando ho visto le Tavole Iguvine (dal nome antico di Gubbio, Iguvium), il più lungo e importante testo rituale dell’Italia antica, su lastre di bronzo. Vi vengono descritte le prassi rituali di varie cerimonie purificatorie e di sacrifici da effettuare nel caso infausto di auspici avversi e in occasioni di particolari feste o momenti del calendario cerealicolo. In qualche caso viene anche trascritto il testo delle preghiere da pronunciare. Il divino permeava e sostanziava nelle sue infinite manifestazioni la vita degli Umbri, divinizzando le azioni e gli aspetti più significativi del vivere sociale e rituale. È proprio della struttura umana riconoscere la sacralità della vita…

Gesù tutto assume e trasfigura.



Il nostro ritiro oggi è stato “predicato” dalle Sorelle Clarisse di Gubbio: presenta giovanile e di profonda religiosità, sullo stile di Gesù, non su quello delle Tavole Iguvine…



 

domenica 8 settembre 2024

La Regola di santa Chiara

Mattinata da santa Chiara. Nel piccolo museo nella cripta, dove è conservato il corpo, mi guardo con calma una copia della sua Regola… In essa Chiara racconta la sua storia: "Dopo che l'altissimo Padre celeste si degnò illuminare l'anima mia mediante la sua grazia perché, seguendo l'esempio e gli insegnamenti del beatissimo padre nostro Francesco, io facessi penitenza, poco dopo la conversione di lui, liberamente, insieme con le mie sorelle, gli promisi obbedienza...". 

Mi piace ricordare che è stata la prima donna a scrivere una Regola di vita per le donne. A cominciare da Cesario di Arles, sono sempre stati gli uomini, per tutto il primo millennio, a scrivere le Regole per le donne, adattando loro eventualmente quelle scritte per gli uomini. Fino ad Aloisa che, benché fosse una donna di grande cultura, chiede ad Abelardo di scrivere una regola per le donne; non le passa per la testa che possa scriverla lei stessa!

Chiara, per prima, tenta l’impresa. Ma con quante avversioni. Riesce ad averne l’approvazione soltanto due giorni prima della morte. E dopo la morte le Clarisse dovranno adottare una Regola nuova scritta ancora una volta da uomini. Quella di santa Chiara rimarrà nascosta cucita nelle vesti della santa, in un reliquiario, fino al 1893! Che cammino difficile quello della vita religiosa femminile, eppure quanta santità ha prodotto!

Nel pomeriggio a San Ruffino mi sono fermato davanti al fonte battesimale dove è stato battezzato Francesco, Chiara, forse Federico II, san Gabriele dell’Addolorata... Sono poi sceso, per la prima volta, nella cripta e nei sotterranei della cattedrale, da pochi anni riaperti al pubblico: una storia che risale al IV secolo avanti Cristo, un’autentica rivelazione. 

Quante cose belle abbiamo! E he fascino continua ad esercitare Assisi! Sono venuto qui la prima volta 60 anni fa, ma non ci si stanca mai di tornarci...

sabato 7 settembre 2024

L'8 settembre!

L’8 settembre di domenica, quindi si celebra la liturgia della domenica… ma si può non fare la festa della Natività di Maria? 

Qui ad Assisi, a Santa Maria degli Angeli, grande veglia di preghiera con fiaccolata. Una processione popolarissima, con i canti di una volta, con tantissime persone. Così si fa festa! E Maria se la merita!

Oggi è anche festa di famiglia… Auguri, famiglia!



venerdì 6 settembre 2024

Seguire Gesù

Questa mattina ho sorpreso la Madonna di santa Maria degli Angeli, quella che sta proprio sulla facciata della chiesa, mentre incantata contemplava i colori dell'aurora...

Il nostro ritiro itinerante sulle orme di san Francesco in mattinata ci ha portato nella Chiesa nuova e nel santuario della Spogliazione, nel pomeriggio a san Damiano. L’episcopio dove è avvenuta la “spogliazione” di san Francesco è stata una autentica rivelazione perché abbiamo potuto visitare gli scavi che riportano alla luce l’antico episcopio, quello al tempo di san Francesco. Straordinaria la meditazione del vescovo Sorrentino su “La porta di Francesco”, a partire proprio dalla porta dell’episcopio appena riscoperta.

Ma forse posso raccontare un piccolissimo episodio avvenuto nella piazza antistante Santa Maria Maggiore, mentre attendavamo di poter visitare il santuario. Un episodio che mi ha sorpreso e sbalordito.

Ci sono tantissimi gruppi di visitatori e pellegrini per le vie di Assisi. Più volte abbiamo incrociato anche un bel gruppo di novizie delle Francescane Alcantarine: giovani, con l’abito francescano ma ancora con i capelli al vento, senza velo.

Mentre appunto aspettavamo per entrare nella chiesa mi si avvicina la maestra delle novizie e mi chiede se sono p. Fabio. Le rispondo di sì, ma io non la conosco. Poco dopo torna e mi dice: “Io sono suora grazie a un suo libro”. Un mio libro? “Sì, mi ha accompagnato nel mio percorso vocazionale”. E di quale libro si tratta? “Seguire Gesù”. L’ha seguito veramente!!!



giovedì 5 settembre 2024

Infante

Ieri ho giocato con la parola “rimbambire”. Oggi continuo con un’altra parola “infante”. Sì, perché sono passato da Greccio ad Assisi, più precisamente nella cappella delle lacrime a Santa Maria degli Angeli, e trovo una continuità sorprendente.

A Greccio Francesco rappresenta il presepe. Nella mangiatoia c’è un “in-fante”, che letteralmente significa uno che non sa parlare. Gesù Bambino non sa parlare. Pensa: un Dio, il Verbo – Parola di Dio – che si fa "non parola"! È quell’umiltà che tanto incantava Francesco, il quale, proprio davanti al presepe, si fece infante a sua volta: riprendeva la sua arte giovanile di giullare e, con la scusa di pronunciare la parola Betlemme, belava come una pecora, e nel pronunciare la parola “Gesù” si leccava le labbra per mostrare quanto fosse dolce quel nome.

Ora siamo nella "cappella delle lacrime". Non c’ero mai stato perché abitualmente è chiusa. Ricorda un episodio nel quale ancora una volta Francesco si fa infante e invece di parlare fa proprio come i bambini e piange a squarciagola. Il contadino che lo sente va a vedere chi grida nel bosco qui attorno alla Porziuncola e trova appunto Francesco che piange pensando alla passione di Gesù. Piange senza parole. Come Gesù in croce, che “non sa dire due parole in croce” e si fa infante, senza più parole di sapienze e grida semplicemente.

Se Gesù nel presepe è un infante nel quale si rivela l’umiltà di Dio, sulla croce è un infante che mostra l’infinito amore di Dio.

Umiltà, espressione della povertà che incantava Francesco; amore che lo infiammava dal desiderio di essere come Gesù in croce.

La ceramica che, nella cappella, ritrae Francesco che piange e il contadino che alla fine piange con lui, è storicamente errata (supposto che sia un racconto storico): Francesco ha le stimmate, mentre l’episodio dovrebbe essere di molto prima. Ma interpreta bene il sentire di Francesco: piange la passione di Gesù e vuol giungere ad essere come Gesù… ad punto da averne le stimmate!

La mia “peregrinatio” estiva, iniziata alla fine di giugno, continua ancora un po’ - due mesi e mezzo! -, ma questa volta la condivido con la mia comunità: sono con loro in questa terra santa per il ritiro annuale, fatto andando di luogo in luogo dietro san Francesco.

 

mercoledì 4 settembre 2024

Rimbambire

Nel messale c’è un formulario per il 25° e il 50° di vita consacrata. Ma oggi sr. Maddalena ha festeggiato il suo 70° e suor Benedetta, assieme a suor Aldegonda, il 60°. Forse chi ha preparato il messale non pensava che giungessero a tanto…

Ho spiegato loro una parola brutta per dire una cosa bella: rimbambire. Sì, alla nostra età rimbambiamo… ossia torniamo bambini e come i bambini ci accorgiamo che abbiamo bisogno di tutto. È quello che Gesù intendeva quando invitava ad essere come bambini per avere un dono il Regno dei cieli.

Tutto attendiamo dalle mani di Dio e alle sue mani ci affidiamo con fiducia.

martedì 3 settembre 2024

L'ultima sera


 

Questa sera, dopo una giornata

Tempestosa,

Tutto tace,

Nel più profondo silenzio…

Sarà così anche l’ultima sera?

lunedì 2 settembre 2024

Sul Celio con i santi

Basta un colle di Roma per immergersi nel mondo dei santi, e dell’arte, della storia… Oggi il Celio, assieme ad alcuni del Centro Chiara Lubich. Abbiamo esplorato una parte soltanto dell’infinita ricchezza che questo colle custodisce: i santi Giovanni e Paolo, Crispo, Crispiniano e Benedetta, Gregorio Magno, Madre Teresa di Calcutta, Giovanni di Matha, Clemente Romano, Cirillo e Metodio… Come tutto parla, per chi sa leggere la storia e le storie, l'arte e la natura.

Ma perché i santi? Ce lo ricorda proprio Gregorio Magno, di cui domani è la festa. Oltre che all'interpretazione della Scrittura si dedicò anche alla agiografia, cioè delle vite dei santi, perché riteneva che Dio parla agli uomini non solo tramite la Bibbia, ma anche attraverso la vita dei suoi santi, i veri interpreti della Scrittura. Sono i santi che hanno “esperienza” di Dio e riescono a cogliere più profondamente di chi vi si accosta solo con un atteggiamento distaccato di studio il vero volto di Dio e la sua chiamata. Per questo scrisse i Dialoghi dove presenta storie di santità dell'Italia del tempo, a cominciare da san Benedetto.

Nel Prologo il discepolo Pietro gli chiede di interrompere i suoi studi scritturistici e dedicarsi ai santi perché «vi sono alcuni che vengono infiammati d’amore per la patria celeste più dagli esempi che dalle dotte esposizioni. Dagli esempi dei Padri, in realtà, l’animo di chi ascolta trae un duplice vantaggio: in primo luogo si sente ardere d’amore per la vita futura sull’esempio di chi ci ha preceduto, e inoltre, se mai pensa di valere qualcosa, venendo a conoscenza di virtù ben più grandi in altri, trova di che umiliarsi» (Dialoghi, Libro I, Prologo, 7-9).

 


domenica 1 settembre 2024

... e adagiò il figlio tra le sue braccia

 

Era il Natale del 1223. Francesco fece preparare una stalla, vi fece portare del fieno e fece condurre sul luogo un bue ed un asino. Si adunarono i frati, accorse la popolazione; il bosco risuonò di voci e quella venerabile notte divenne splendente come mai. Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia e Francesco canta il santo Vangelo. Predica al popolo e parla della nascita del re povero e nel nominarlo, lo chiama, per tenerezza d'amore, il “bimbo di Bethlehem”, torna ad essere giullare e imita il belare delle pecore... 

Fu un’operazione ardita, perché allora non si poteva celebrare l’Eucaristia fuori di un luogo sacro. Ma neppure Gesù era sceso in un luogo sacro, ma addirittura in una stalla.

Il signor Giovanni di Greccio, affermò di aver veduto, dentro la mangiatoia, un bellissimo fanciullino addormentato, che il beato Francesco, stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno. 

Oggi è un luogo sacro e con gioia, a conclusione del nostro convegno con la Scuola Abbà, ho celebrato la Massa in quella grotta, come al tempo di Francesco.

Ho ricordato il “Sogno di Natale” di apa Pafnunzio, che apparirà sul libro “Il cielo dentro di me”, di prossima pubblicazione:

Sognò di trovarsi nella grotta di Betlemme, dove s’era recato assieme ai pastori, chiamato dalla voce dell’angelo. Trovò, come gli era stato annunciato, la madre che stava allattando il bambino.
Quando ebbe terminato, ella si guardò attorno, in cerca di un angoletto dove adagiarlo, ma non trovò spazio che fosse adatto, fin quando posò lo sguardo su di lui.
Apa Pafnunzio vide rivolgere su di sé lo sguardo della vergine madre. Gli bastò quello sguardo per sentire il cuore svuotarsi d’ogni vanità.
Si ritrovò bambino.
Fu pervaso da un fuoco d’amore.
Si ritrovò grande, dilatato all’infinito.
Maria gli si accostò e adagiò il figlio tra le sue braccia.