Siamo più abituati a leggere le beatitudini così come le riporta il Vangelo di Matteo, più spiritualizzate («Beati i poveri di spirito... Beati gli affamati di giustizia...»), e senza i guai! Sono terribili questi guai.
Seduto davanti al tuo tabernacolo, con
in mano penna e carta bianca, non sono povero. Li ho visti i poveri ad Haiti,
nelle Filippine, in India... Non hanno penna e carta. È allora per me il tuo
tremendo “guai”?
Oggi ho pranzato. Non ho fame. È per me il tuo secondo inappellabile “guai”?
Ho la gioia di stare con te, nel
silenzio e nella quiete della cappella. È per me il tuo terzo agghiacciante
“guai”? Sono stimato e amato da tanti. È per me il tuo “guai” di condanna? Non
possiamo addolcire, attenuare, edulcorare le tue parole. Troppo dirette e
nette. Inquietano, scavano, fanno giustizia di ogni ipocrisia.
Tu sì che sei stato povero, senza una
pietra dove posare il capo. Tu sì che hai provato la fame nei quaranta giorni
di deserto. Tu sì che hai pianto sulla tua città e hai provato una tristezza da
morire quand’eri nell’orto.
Tu sì che sei stato deriso, odiato,
disprezzato, oggetto delle più violente crudeltà.
Tu sei beato e rendi beati. Riscatti
poveri, emarginati, oppressi, vittime di ingiustizie...
L’avevi detto, a Nazaret, che lo
Spirito ti aveva mandato dai poveri, dai prigionieri... L’aveva detto la madre
tua che avresti innalzato gli umili e colmato di beni gli affamati. Il Regno
dei cieli, il mondo nuovo, è giunto tra noi e lo dai in dono, gratis, a quanti
ne sembrerebbero i più lontani, gli esclusi. Gli infelici e i maledetti tu li
rendi beati.
Oggi ci insegni a guardare con occhi
nuovi, con i tuoi stessi occhi, i “disgraziati” della terra, a riconoscerli
come i “graziati”, l’oggetto del tuo amore di predilezione. Ascoltando le tue
parole essi divengono oggetto anche del nostro amore di predilezione. No, non
mi maledici, anche se non sono tra i poveri, gli affamati, gli afflitti, gli
scartati. Ma mi ricordi con forza che la pienezza, la sazietà, la gioia, la
consolazione vengono soltanto da te. Non possiamo cercare il bene nei beni e
nel “benessere”. Tu sei l’unico Bene e ciò che ci rende veramente beati è solo
il Regno dei cieli, un dono tuo.
Te solo io voglio, mio unico Bene,
e quello che tu vuoi.
Sgombraci il cuore da inutili cose
e sia accogliente del Regno dei cieli.
Tu, l’unico appoggio sicuro,
la sazietà, la gioia e la pace.
Volgi il nostro sguardo ai disgraziati della terra,
aprici con loro al tuo dono,
accomunati nella stessa speranza.
In te confidiamo, Signore,
non saremo confusi in eterno.
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