Per
oltre 50 anni, dalla fine degli anni Sessanta del 1900 fino quasi agli anni
Venti del 2000, la formazione degli Oblati italiani è stata segnata dalla
figura di tre persone, p. Angelo Dal Bello, p. Marino Merlo, p. Sante
Bisignano. I formatori, a Marino e Vermicino, si sono succeduti numerosi in
quegli anni, ma questi tre Oblati hanno dato un’impronta fondamentale che ha
guidato il percorso di tanti.
Chissà
perché mi è nato il desiderio di evocarli, con poche note veloci. Senza
pretese. Con un taglio personale. Forse per un debito di riconoscenza, una
memoria gradita e doverosa, il ricordo di un esempio che chiede di essere
mantenuto vivo.
Sto così scoprendo e riscoprendo pagine straordinarie della loro vita e dei loro scritti. Come queste poche parole di padre Marino.
Durante
la missione di San Giacomo a Messina, nel marzo 1980, ricordava ai missionari quanto
sia essenziale l’unità fra tutti, spiegando che «L’unità non è un modo di essere
nostro, ma una persona: Gesù. L’unità non è un accorgimento che noi abbiamo assunto
durante la missione, ma Cristo Gesù, “Da questo e per questo crederanno”. L’unità
poi è un dono che ci dà Lui, a quel punto comincia l’avventura sia durante la missione,
sia nella nostra vota di sempre».
Nella
missione di Nettuno, marzo-aprile 1981: «La missione è un’occasione per vivere noi
alcune realtà fondamentali della nostra vita. È lo stare con Gesù tra noi, per essere
illuminati dalla sua sapienza. È Gesù che va, che fa, che dice. (…) Certamente nel
nostro cammino di santità la missione è anche un momento privilegiato di grazia
per noi. L’acqua viva che si riversa sui fratelli attraverso di noi, prima di arrivare
a loro arriva a noi e ci purifica. Siamo noi la prima terra su cui Gesù sta svolgendo
la sua a, questo domanda una grande attenzione».
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