giovedì 26 novembre 2020

Gioia

 


«Un cristiano non può mai essere annoiato o triste. Chi ama Cristo è una persona piena di gioia e che diffonde gioia». Così papa Francesco in un twitter del 2013. Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium il termine ricorre 59 volte. Un leitmotiv che continua: «Un cristiano triste – dirà nel 2019 – è un triste cristiano». Sembra di sentire il curato di Torcy quando, al giovane “curato di campagna” nell’omonimo romanzo di Georges Bernanos, dice: «Il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste».

Ogni dizionario pone la tristezza come termine contrario alla gioia. Ma in questi giorni il contrario della gioia sembra essere la noia, o peggio la rabbia, che si esprime in aggressività verbale e fisica. Scontenti di tutto e di tutti. Unico rimedio il divertimento, ma è euforia effimera, superficiale, che svanisce in un attimo e lascia un’angoscia profonda.

La gioia non è frutto di evasione o di mancanza di difficoltà. Spesso fiorisce proprio su tristezza e sofferenza, con la scoperta di essere amati. È «la gioia del Vangelo, la gioia di essere stati eletti da Gesù, salvati da Gesù, rigenerati da Gesù; la gioia di quella speranza […] che viene dalla sicurezza che Gesù ci accompagna, è con noi» (2016). Nasce dalla decisione di non guardare la propria tristezza, ma fuori: «piangere con chi piange e gioire con chi gioisce», dimentichi di sé per far contento l’altro. C’è davvero più gioia nel dare che nel ricevere.

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