La storia è fatta di grandi e piccole storie. I monumenti di solito rappresentano i grandi fatti, ma ci sono monumenti anche per quelli piccoli, come la fontana del facchino in via Lata.
Il Vanvitelli l’attribuisce a Michelangelo, ma sembra di Jacopo Del Conte, su incarico della Corporazione degli Acquaroli. Rappresenta infatti uno di quegli uomini che, fino a quando, alla fine del ’500, Gregorio XIII ripristinò gli acquedotti, prendeva l’acqua dalle fontane pubbliche e la rivendeva porta a porta.
Pare che un tempo vi fosse un'iscrizione latina che diceva: "Ad Abbondio Rizio, incoronato sotto le pubbliche grondaie, espertissimo nel legar bagagli e caricarseli sulle spalle, che trasportò quanto volle, visse quanto potè, e mentre portava un barile di vino dentro e un altro fuori, senza volerlo morì". Anche un ignoto acquaiolo (il nome Abbondio Rizio è forse una delle tante fantasie popolari) merita il suo monumento.
Spesso di notte (di giorno bisognava pagare la tassa), come i suoi colleghi, andava a riempire botti e botticelle dell'acqua alla fontana di Trevi e di giorno andava ad offrirla per le strade e le case risparmiando alla gente, dietro modesto compenso, la fatica e la scomodità di rifornirsi.
Con tutte le fontane di Roma e romani avevano bisogno d’acqua? Sì perché nel 537 quando i Goti non riuscirono ad espugnare la città interruppero tutti gli acquedotti che, benché in seguito fossero riparati, non
furono più efficienti come al tempo della Roma antica.
Quando passate per via del Corso non dimenticatevi di bere l'acqua buona di questa fontana... e pensate alla gente piccola...
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