A Roma, come ti muovi, ti vedi sbalzato attraverso i secoli. Oggi pomeriggio mi è bastato recarmi in un ufficio al Testaccio ed eccomi d’improvviso nel cimitero inglese acattolico, detto anche “Cimitero degli stranieri”, “Cimitero dei protestanti”, o “Cimitero degli artisti e dei poeti”, gestito da rappresentanti di 14 ambasciate. Tra pini, cipressi, mirti, allori e piante scolpite, quattromila lapidi raccontano altrettante storie degli ultimi tre secoli, dal fisico Pontecorvo a uno degli assassini di Rasputin, dal ragazzo tedesco ucciso da Vittorio Emanuele di Savoia a uno dei ragazzi di Via Panisperna, da Antonio Gramsci a John Keats, Percy Shelley, Antonio Labriola…
Da questo luogo d’incanto una visione straordinaria della piramide fatta costruire da Caio Cestio come suo mausoleo, tra il 18 e il 12 a .C. Alta 37 metri , rivestita con marmo di Carrara, sta lì, addossata alla porta san Paolo, silenziosa e misteriosa tra il traffico rumoroso della città, oasi di pace, punta al cielo e richiama, insieme ai sepolti tra il verde, all’eterno, che davvero mai non passa.
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