lunedì 18 maggio 2020

100 anni fa Giovanni Paolo II



Raccontare i miei incontri personali con Giovanni Paolo II? Più difficile di quanto  pensassi! Non ricordo più neppure quanti ce ne siano stati, perché considero tali anche quelli assieme a tante altre migliaia di persone. Era un incontro personale con lui anche quando mi trovavo in mezzo alle folle oceaniche di piazza san Pietro, o quando egli passava le sere d’estate nel cortile del Centro Mariapoli a Castel Gandolfo, con poche centinaia di giovani di Albano che accompagnavo, per far festa con loro. Davanti al Papa non mi sono mai sentito perso in una moltitudine anonima, ma sempre presente innanzi a lui e da lui personalmente amato.



Già giovane sacerdote ho ricevuto più volte il dono di poter concelebrare col Papa nella cappella privata, sia in Vaticano sia a Castel Gandolfo. Entravo circa trenta minuti prima dell’inizio della S. Messa ed egli era già lì, in ginocchio, testimonianza indelebile nei miei occhi e sempre presente nel cuore. Guardandolo ho imparato come si prega. Immobile, assorto, totalmente immerso in un altro mondo, dopo la celebrazione era subito pronto a tornare nel nostro mondo, per scherzare, cantare, abbracciare…
Ricordo quando gli donai il mio primo libro. Sicuramente non l’avrà neppure aperto, ma seppe farmi felice lo stesso, manifestando la sua sorpresa raggiante. In verità più dei libri era contento quando gli portavo un gruppo di giovani o di religiose, o i miei sette diaconi.
Nel 1992 e 1998 sono stato da lui insieme agli Oblati partecipanti al Capitolo generale. Due momenti di grande emozione spirituale, nei quali ci lanciò con forza a vivere la nostra vocazione missionaria in tutta la sua interezza. Quando tornai, durante il terzo Capitolo, il 24 settembre 2004, era già diverso. Non era più il Papa del grande insegnamento magisteriale, capace di spalancare il cuore e la mente sulle dimensioni ecclesiali e universali che aveva percorso con coraggio. Era condotto in carrozzella, quasi impossibilitato a parlare. Iniziò appena il suo discorso e lasciò che altri ne continuassero la lettura. Eppure comunicava ancora, eccome!, con uno sguardo intenso che suppliva la mancanza di parola. Era debole, ma sentii stringermi forte la mano.


L’ultimo, indelebile incontro, avvenne il 3 ottobre 2004, quando potei concelebrare ancora una volta con lui, in piazza San Pietro. Ebbi il dono di stargli accanto tutto il tempo, senza mai distogliere lo sguardo dalla sua persona. Lo vedevo fatto una cosa sola con la Vittima che si immolava su quell’altare al quale non poteva nemmeno più accedere: concelebrava anche lui, paralizzato nella sua sedia. Quando mi sono inginocchiato davanti per chiedergli la benedizione, ho potuto esprimergli, come mai l’avevo fatto prima di allora, la mia gratitudine e riconoscenza per la sua vita. Non una parola da parte sua, non ne aveva più la forza. Mi sono lasciato guardare negli occhi, a lungo, e ho ricevuto la sua benedizione. Di Giovanni Paolo II mi rimane quello sguardo intenso e puro.




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