mercoledì 6 maggio 2020

Le parole del Risorto / 9 / Sarete i miei martiri


Dopo aver dischiuso la mente degli Undici alla comprensione delle Scritture e aver mostrato come egli le ha adempiute in pienezza, Gesù affida loro una missione particolare: “Di questo voi sarete testimoni” (24, 48).
Fa una certa impressione ascoltare la parola greca per testimoni: martyres; Gesù li chiama ad essere “martiri”: “Sarete i miei martiri”, come anche lui è “martire”, come dirà l’Apocalisse, il testimone fedele (1, 5).
Matteo e Marco riportano parole esplicite sul mandato missionario: Andate, fate discepoli, insegnate, annunciate…
In Luca l’accento è posto sull’annuncio fatto con la vita, sulla testimonianza pronta ad essere convalidata con la propria morte.
Anche nel secondo racconto immediatamente successivo al Vangelo, gli Atti degli Apostoli, Luca riporta le medesime parole del Risorto: “Di me sarete testimoni” (1, 8).
Gli apostoli sono chiamati a trasmettere qualcosa che hanno vissuto in prima persona, frutto del rapporto che hanno avuto con lui: sono stati con il Signore fin dall’inizio, hanno condiviso tutto di lui, l’hanno visto all’opera, ne hanno assimilato l’insegnamento…

Il criterio per trovare un successore dell’apostolo che ha tradito è ben chiaro nel discorso di Pietro, riportato sempre da Luca: “Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto tra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme con noi, della sua risurrezione” (Atti 1, 21-22).
Ugualmente, all’inizio del suo Vangelo, Luca assicura Teòfilo che scriverà accuratamente quanto “hanno trasmesso coloro che ne furono testimoni oculari da principio” (1, 1-2).
Molti anni più tardi l’apostolo Giovanni potrà annunciare “quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita…” (1 Gv 1, 1).
Da allora la missione sarà la testimonianza di un vissuto, la condivisione di un’esperienza.

Gesù indica anche da dove deve iniziare l’opera di testimonianza, e di nuovo il Vangelo di Luca si differenzia dagli altri due Sinottici. Per questi ultimi il mandato è subito rivolto ai quattro angoli del mondo, tanto che, per Marco, gli Apostoli partono immediatamente per andare dappertutto (16, 20).
In Luca Gesù li invita invece a rimanere in città (24, 49): il loro mandato comincia da Gerusalemme (24, 47). Così, subito dopo l’ascensione del Signore, tornano a Gerusalemme e stanno sempre nel tempio (24, 52-53).
Anche nel racconto parallelo degli Atti, Gesù ripete che devono essergli testimoni innanzitutto a Gerusalemme; soltanto in un secondo tempo il loro raggio d’azione si allargherà “in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (1, 8).
Per il momento devono restare a Gerusalemme per attendere lo Spirito Santo e far nascere la comunità cristiana.

Come essergli testimoni? Non è impresa superiore alle loro capacità? Sì i discepoli sono fragili, deboli, incostanti. Il Signore lo sa. Per questo il suo annuncio gioioso: “Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso” (24, 49).
Stessa assicurazione all’inizio degli Atti, quando Gesù invita ad attendere l’adempimento della promessa del Padre, “quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo” (1, 4-5).
“Spirito Santo” è dunque l’ultima parola del Risorto secondo gli Atti degli Apostoli, l’ultima sua consegna, quasi il passaggio del testimone.
Simile l’ultima parola del Risorto nel Vangelo di Luca: l’attesa nella quale lascia gli Apostoli di essere “rivestiti di potenza dall’alto”: a Pentecoste saranno investiti dalla forza dello Spirito Santo, che li renderà capaci di testimoniare, fino alla morte, il Signore della vita.

Nessun commento:

Posta un commento