venerdì 29 maggio 2020

Il segreto della santità di Giuseppe Gérard Apostolo del Lesotho (1831-1914)



L'immagine nella cappella della casa generalizia
Oggi, accanto a Paolo VI, festeggiamo il beato Giuseppe Gérard.
L’incontro coi Missionari Oblati di Maria Immacolata accese il suo desiderio di andare nelle missioni estere. Dopo il noviziato (1852) fu ordinato diacono da sant’Eugenio de Mazenod. Giunto nel Vicariato Apostolico di Natal (Sud Africa) il 19 febbraio 1853 fu ordinato sacerdote. Dopo il ministero tra gli Zulu, si rivolse ai Basoto, divenendo l’apostolo del Lesotho. A chi lo interrogava sul segreto del suo successo apostolico, rispondeva: “Al di là di tutti i metodi il segreto per toccare e trasformare i cuori è l’amore. Occorre amare, amare nonostante tutto e sempre”. Il 22 maggio celebrò la santa messa per l’ultima volta e il 29 maggio 1914, a 84 anni, rese la sua anima a Dio. Giovanni Paolo II, in visita a Maseru, lo ha proclamato beato il 15 settembre 1988.

Si catturano più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto. Per convertire qualcuno bisogna anzitutto conquistarsi il suo cuore. Presso gli indigeni non si può ottenere nulla se non si conquista il loro cuore. Se riuscirete a farvi amare, avrete conquistato la persona che avvicinate. (Ritiro annuale, 26 novembre 1882, ibid., 191)

Vi è un altro modo di predicare, per un buon sacerdote. Si tratta dell’apostolato della conversazione. Quest’apostolato spicciolo, sermo pedestris, si esercita per strada, nei campi, accanto al focolare, al capezzale del malato. Quante anime salvate in questo modo, soprattutto quando il cuore aiuta la parola. (Ritiro annuale, estate 1886, ibid., 223)

Nelle confessioni devo evitare i rimproveri. All’inizio devo ascoltare con bontà e pazienza, manifestare il mio dispiacere e rimandare con dolcezza. (…) Non devo esitare o tergiversare quando mi chiamano a confessare. Non devo domandare chi mi chiama, perché tutti hanno diritto di chiamarmi. Il buon Dio è con me. Maria, rifugio dei peccatori, è con me. L’angelo e il patrono di quella persona sono santi del buon Dio. Il buon Dio è un Padre buono. È Lui che me lo ha mandato. Accogliamo tutti sempre bene. “Volete confessarvi? Sì, molto bene, fate un’ottima cosa. Mi sforzerò, farò di tutto per aiutarvi. Andate, caro figlio, a prepararvi un po’ nella cappella. Io verrò presto”. Non devo dimenticare di salutarli, di stringere loro la mano, di chiamarli per nome... (Ritiro annuale conclusosi il 17 febbraio 1905, “Écrits oblats”, II, 4, 223)

Ormai sono alla fine della mia vita; il mio lavoro si è ridotto a ben poco. Consiste nella visita a domicilio dei vecchi e delle vecchie che non possono più venire alla Missione, per far loro celebrare la Pasqua e per prepararli alla vicina partenza per il Cielo. Istruisco anche a domicilio i pagani e le pagane che abitano lontano e che vogliono mettersi in pace con Dio. Ultimamente ho visitato un vecchio di 70‑80 anni che ha ricevuto la Prima Comunione. Dopo aver resistito a lungo alla grazia, ha accettato una medaglia di 5. Benedetto e infine si è convertito. Ci serviamo spesso di questi mezzi, che Dio poi corona col successo. (Lettera a Mons. Dontenwill, Roma, Basoutoland, 2 luglio 1912, ibid., p. 149).

Non ho più alcuna attrattiva per il mondo, non ho che un solo desiderio: amare e far amare il Sacro Cuore (Lettera a P. Cassiano Augier, Superiore generale, 8 gennaio 1906, ibid., p. 136). Come è dolce essere nel Cuore di Gesù, viverci e morire! (Appunti per un’omelia sulla devozione al Sacro Cuore, 6 maggio 1904, ibid., p. 220). Ripeto a me stesso che è necessario che mi consacri completamente ad amare il nostro buon Maestro, il suo Sacro Cuore sempre tanto buono con me, a farlo amare, a vivere in lui, per lui, con lui (Fine del ritiro annuale, 14 e 15 febbraio 1906, ibid., p. 224). Ho un grande desiderio di concludere santamente la mia vita, di far bene ogni cosa a tempo debito, una cosa dopo l’altra con l’intenzione di glorificare il buon Dio in tutto. (Ritiro annuale, 18 febbraio 1907, ibid., p. 228)

Giuseppe Gérard insegna a pregare
Giovanni Paolo II, Omelia per la beatificazione di padre Joseph Gérard
Maseru (Lesotho
), 15 settembre 1988

Come ad Abramo, il Signore disse al giovane francese di nome Joseph: “Parti dal tuo Paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il Paese che io ti indicherò” (Gen 12, 1). Ed egli andò subito, come il Signore gli aveva detto. Seguì la chiamata di Dio. Ripose tutta la sua fiducia nella promessa che aveva udito venire dall’alto.
La terra che Dio mostrò al beato Joseph era l’Africa, e più precisamente la terra del Sud Africa, e poi, anni dopo, la terra del popolo Basotho. In questo Paese, questo regno del Lesotho, egli venne perché chiamato e mandato a proclamare il Regno di Dio.
Fin dalla giovane età, Joseph Gérard era convinto che Dio lo chiamava ad essere missionario. Il suo cuore traboccava di gratitudine per il dono della fede cristiana, e anelava a condividere con gli altri questo dono prezioso, questa perla pregiatissima, le infinite ricchezze della conoscenza di Gesù Cristo. Fu questo zelo costante per l’evangelizzazione che improntò ogni momento della sua lunga vita.
Al suo arrivo nel Lesotho, insieme al Vescovo Allard e a fratel Bernard, si mise subito all’opera per imparare la lingua e i costumi del popolo Basotho. Cercava di capire il loro modo di pensare, la loro sensibilità, le loro speranze e i loro desideri. Era ansioso di capire le loro stesse anime, in modo da poter scegliere i metodi migliori da usare per predicare loro la buona novella della salvezza.
Padre Gérard e i suoi confratelli iniziarono l’opera evangelica nella missione chiamata Roma. Si dedicarono interamente e con spirito di sacrificio al loro compito, facendo totale affidamento sulla grazia dello Spirito Santo. E lo Spirito di Dio non tardò a portare i suoi frutti. Solo pochi anni dopo, nel 1866, fu istituita una seconda missione a Korokoro. Nel 1868 fu stabilita una terza missione ancora, dedicata a san Michele.

Obbedendo al suo superiore, padre Gérard andò nella parte settentrionale del Paese nel 1876, dove fondò la missione di santa Monica. Per i seguenti vent’anni vi lavorò indefessamente, istituendo un convento e una scuola, costruendo altre missioni nell’area circostante. In tutti i suoi sforzi e i suoi progetti, riponeva tutta la speranza in Dio, ricordando le parole pronunciate durante l’ordinazione sacerdotale, e cioè che Dio, che aveva iniziato in lui l’opera buona, l’avrebbe portata a compimento.
Ovunque andasse il beato padre Gérard viveva la sua vocazione missionaria con eccezionale fervore apostolico. L’amore per Dio, che sempre bruciò ardente nel suo cuore, si manifestava nell’amore concreto per il prossimo. Egli è ricordato soprattutto per la sua particolare sollecitudine per i malati e i sofferenti. Attraverso le frequenti visite e i modi gentili, sembrava che sempre portasse nuovo coraggio e speranza. Per quanti erano in prossimità della morte trovava le parole giuste per prepararli ad incontrare Dio faccia a faccia, serenamente.

Il segreto della sua santità e la chiave della sua gioia e del suo fervore venivano dal semplice fatto che viveva sempre alla presenza di Dio. L’intera vita del beato Joseph fu incentrata sull’amore per la santa Trinità. Le persone volevano stare vicine a lui perché sembrava sempre vicino a Dio. Era colmo di spirito di preghiera, nutrito quotidianamente dalla Liturgia delle Ore e da frequenti visite al Santissimo Sacramento. Aveva una devozione fervente per la Madre di Dio e i santi. Nel corso dei lunghi e difficoltosi viaggi verso le missioni distanti o le case dei malati, conversava continuamente con il suo amato Signore. È indubbiamente questo senso vivissimo di essere sempre in comunione con Dio che spiega la sua fedeltà ai voti religiosi di castità, povertà e obbedienza e ai suoi obblighi di sacerdote.
Dio benedì padre Gérard con una lunga vita fatta di servizio apostolico. Gli concesse la grazia di vedere oltre mezzo secolo di evangelizzazione nel Lesotho. (…)
Beato Joseph Gérard, prega per noi, conducici a Gesù tramite il cuore immacolato della Vergine, nostra madre nella fede.
Amen.

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