mercoledì 17 aprile 2019

Assaporammo la felicità in quella notte santa



L'altare dei primi voti
Giovedì santo 1816.
Come non ricordare quel giorno che segnò una tappa fondamentale nella storia dei Missionari Oblati?
Così lo racconta sant’Eugenio:

La mia intenzione, consacrandomi al ministero delle missioni per lavorare soprattutto all’istruzione e alla conversione delle anime più abbandonate, era di imitare l’esempio degli apostoli nella loro vita di dedizione e abnegazione. (…) Il mio pensiero fisso fu che la nostra piccola famiglia doveva consacrarsi a Dio e al servizio della Chiesa con i voti di religione. (…)
Mi confidai dunque col primo di loro [i suoi compagni], padre Tempier, che avevo scelto come mio direttore e che mi aveva preso come suo. Fu incantato da questa proposta, che rispondeva ai suoi pensieri. Convenimmo allora, Tempier ed io, di dare un seguito al progetto. (…)
Il Giovedì Santo, entrambi sotto l’impalcatura del bel repositorio che avevamo innalzato sull’altare principale della chiesa della missione, nella notte di quel santo giorno, facemmo i nostri voti con indicibile gioia.
Assaporammo la felicità durante tutta quella bella notte alla presenza di Nostro Signore, ai piedi del magnifico trono in cui l’avevamo posto per l’ufficio del giorno successivo, e pregammo il divin Maestro, se la sua santa volontà fosse stata di benedire la nostra opera, di condurre i compagni già presenti e quelli che si sarebbero associati in futuro di comprendere quanto valesse questa oblazione di tutto sé stesso, data a Dio, se si voleva servirlo con cuore indiviso e consacrare la vita alla diffusione del suo santo Vangelo e alla conversione delle anime. I nostri desideri furono esauditi.

Erano mossi non da un semplice desiderio personale di santità: il gesto implicava l’intero gruppo, anche noi, che veniamo dopo 200 anni. Forse non tutti i primi compagni in quel momento erano pronti per la vita religiosa, ma Eugenio considerava i consigli evangelici “come indispensabili da abbracciare”. La sua scelta, assieme a Tempier, in quel Giovedì santo del 1816, avrebbero fatto germogliare in seno della comunità il desiderio di “questa oblazione di tutto se stessi, fatta a Dio”, espressa nei voti.


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