martedì 2 aprile 2019

Strumenti per una spiritualità di comunione



Ho l’onore e l’onere di aprire un congresso sull’accompagnamento spirituale, un’autentica scuola di formazione. I partecipanti provengono da 66 nazioni, di tutti i continenti. Non so quante lingue sono presenti, ci sono comunque 14 traduzioni. Tanti volti conosciuti e tanti altri che incontro per la prima volta. 500 persone che con coraggio si interrogano su come aiutare a compiere un cammino spirituale insieme.
È un progetto avviato due anni fa e preparato con cura.

Quando sono entrato in sala ho iniziato a salutare i numerosi presenti. Tanti volti giovani, ma anche tanti volti noti, persone con le quali ci conosciamo da molti anni, incontrate magari in Paesi lontani...
Mi è venuto spontaneo dirmi: Che bello invecchiare insieme!
Forse non suona bene, ma mi ha dato una grande gioia vedere persone che sono rimaste fedeli così a lungo, sapere che continuiamo a vivere e a condividere una esperienza di vita, un ideale nel quale crediamo. Nonostante tutto ci siamo ancora, e camminiamo insieme!

Il mio intervento riguardava alcune note sulla spiritualità di comunione, un cammino spirituale fatto insieme, appunto! Che la vita mistica sia vita in Cristo è un dato tradizionale («Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me»: Gal 2, 20”). La novità della spiritualità dell’unità sta nell’avere intuito che si è “veramente” Gesù, “Gesù completo”, quando si è il suo Corpo, la Chiesa, quando cioè si è nell’unità: Gesù è nel “dove due o più”, è Gesù fra noi.
L’esperienza spirituale è frutto dello Spirito che “circola” tra quanti vivono l’amore reciproco e li “consuma in uno, in un solo Dio”. È un ritorno alle origini della spiritualità cristiana: Pentecoste fu un’esperienza dello Spirito fatta in comune.

Nel suo libro Una via nuova. La spiritualità dell’unità, Chiara Lubich ricorda che ogni spiritualità ha individuato e proposto gli strumenti più adatti per raggiungere il proprio progetto. Anche dalla sua esperienza sono emersi dei percorsi concreti a sostegno del suo progetto d’unità. Se Teresa d’Avila – ed è un riferimento particolarmente caro e molto presente in Chiara – ha insegnato come penetrare nel “castello interiore”, individuando gli strumenti più adatti a quel cammino di interiorità, «è venuto il momento, almeno questa è la nostra vocazione, di scoprire, illuminare, edificare, oltre il castello “interiore”, anche il castello “esteriore”. Noi vediamo tutto il Movimento come un castello esteriore, dove Cristo è presente e lumina ogni parte di esso, dal centro alla periferia».
Dalla sua esperienza ella scopre ed elabora in maniera sistematica tutta una serie di “strumenti” che vuole a diretto servizio della sua spiritualità comunitaria. Valorizza quelli che, con linguaggio improprio, chiama “strumenti della spiritualità individuale”, come l’interiorità, la preghiera, il silenzio, la meditazione, la mortificazione, l’ascolto della voce della coscienza, il discernimento della volontà di Dio…, e nello stesso tempo propone nuovi strumenti per una spiritualità collettiva, e che sono stati oggetto della mia relazione: il patto d’unità, la comunione d’anima e delle esperienze della Parola di Vita, l’ora della verità, il colloquio personale.

Mentre parlavo ho percepito, tra l’altro, il caratteristico tipo di raccoglimento che si genera nell’unità, non più soltanto quello personale che porta a guardare Dio in noi, ma quello di tutta la sala, quasi che Gesù ci raccogliesse in un solo abbraccio e si rendesse presente tra noi.


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