lunedì 21 gennaio 2019

Vincenzo Pallotti, il santo dell’infinito


22 gennaio, festa di san Vincenzo Pallotti. Quest’anno a me l’onore di aprire, sabato scorso nella chiesa di san Salvatore in onda, il triduo in preparazione della festa. Con mia sorpresa nella preghiera che ha preceduto la Messa, ho visto citato un brano di una lunga conferenza che aveva tenuto 20 anni fa sulla spiritualità pallottina.
Ecco quanto hanno letto di quella conferenza, poi pubblicata: Sei parole per la spiritualità di san Vincenzo Pallotti, “Apostolato universale”, 1 (1999), n. 1, p. 60-79 (polacco, Sw. Wincenty Pallotti, zycie, dzuelo, charyzmat, 2 (4) 2007, p. 5-32).

Le prime due parole che subito attirano la mia attenzione sono state tutto e infinito, due parole che si richiamano costantemente l'un l'altra, che aprono ad una dimensione olistica, che spalancano gli orizzonti e lasciano respirare l'anima. (...)


Il tutto di san Vincenzo è innanzitutto il tutto di Dio.
«Dio mio, tutto tutto tutto...», lo sentiamo ripetere sovente. Ed è capace di continuare a scrivere e a ripetere indefinitivamente - lui vorrebbe che fosse infinitamente - la parola tutto, quasi a scandagliare la vastità insondabile del mistero divino.
Per sottolineare il tutto di Dio congiunge a tutto la parola solo: «Dio tutto, tutto, tutto...», ma anche «solo, solo, solo...», quasi ad eliminare ogni possibile concorrenza al tutto di Dio. È il biblico: «Tu sei il solo Dio, non c'è altro Dio fuori di te». (...)
Se Dio è il solo e il tutto in sé, lo deve essere anche in me. Il tutto di Dio diventa allora il tutto della creatura, in quanto essa viene resa partecipe di quel tutto. La convinzione di questa osmosi è affermata da queste parole lapidarie: «La vita del Padre è mia, la vita del Figlio è mia, la vita dello Spirito Santo è mia, la vita della Santissima Trinità è mia».
È il coinvolgimento di tutta intera la persona nell'interezza del mistero, in un costante procedere da totalità a totalità, con orizzonti illimitati, anzi infiniti. (...)


L'impiego della parola infinito, correlata a tutto, fa intravedere la dimensione forse più originale della spiritualità di san Vincenzo. Parla di «infinita perfezione», di «infinita fede, infinita speranza, infinita carità», «infinite eternità»; vuol dare a Dio una «gloria infinitamente grande»; è disposto a «patire infinitamente»; vuole vedere dilatati all'infinito i suoi desideri; anche il disprezzo di sé lo vuole all'infinito, perché la sua miseria la vede infinita, ed infinita la sua ignoranza e empietà.
Nei suoi scritti torna insistentemente il desiderio dell'infinito, spingendo l'ampiezza dei desideri all'infinito, talvolta addirittura - cosa mai vorrà dire? - al di là dell'infinito. Questo imprime alla sua spiritualità un respiro ampio e positivo, capace di far spaziare nell'immensità e nell'eternità di Dio.
La coscienza della propria «infinita miseria, ignoranza ed empietà» non impedisce a san Vincenzo di desiderare quell'infinitezza positiva che lo ponga alla pari, se così possiamo dire, con l'infinitezza di Dio. (...)
Ed eccolo allora intento in improbabili operazioni matematiche, nel tentativo di esprimere il suo più profondo infinito anelito di amore.
Somma passato e futuro nell'illusione di dilatare il tempo all'infinito. Suddivide il tempo in attimi infinitesimali per fare di ogni attimo infinitesimale un infinito, così che dalla loro somma scaturisca un infinito degno dell'infinito di Dio. Vorrebbe moltiplicare le creature all'infinito perché salga a Dio una lode infinita. Vorrebbe appropriarsi di tutto il bene delle creature passate presenti e futuri e moltiplicate all'infinito...
Avremmo qui una colluvie di testi da citare. Uno solo basti:
«Tutto quello di buono che hanno fatto, fanno, e faranno tutte quante le creature, e tutto quello che io ho fatto, faccio e farò per la massima etc. gloria del nostro Dio, e Padre celeste (...) intendo che sia fatto (...) con una infinita perfezione (…) da tutte quante le creature esistenti e possibili, ragionevoli, e irragionevoli, sensibili, e insensibili, e fingendo che ciascuna (...), ciascuna infinitamente moltiplicata ad ogni momento infinitesimo, e ciascuno di questi momenti infinitesimi sia pur moltiplicato in infinito (...), intendo che ciascuna di queste creature sia infinitamente moltiplicata ad ogni momento infinitesimo di tutte l'eternità infinite (...), ed intendo che ciascuna molecola elementare de' corpi sia infinitamente moltiplicata ad ogni momento infinitesimo da tutte l'eternità per tutte l'eternità infinitamente. [Ed intendo] che ciascuna di queste infinitamente moltiplicata (...) addivenga infiniti Universi contenendo in se stessi tutte le creature esistenti e possibili (...)».


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