giovedì 8 dicembre 2011

In Turchia con Rumi e musulmani



La tomba di Rumi a Konya in Turchia
“Quale seme una volta piantato non è germinato? Perché dubitate che lo stesso non avvenga col seme umano”. Queste le ultime parole del sufi Mevlana Rumi alla sua morte, il 17 dicembre 1273, in quella notte che fu chiamata Notte nuziale: Rumi si sposava con l’eterno. 
“Era come il nostro Gesù”, dissero i cristiani venuti al suo funerale; “Era come il nostro Mosè”, dissero gli ebrei.
Da allora ogni anno a Konya, in Turchia, dove Rumi è sepolto, il 17 dicembre si celebra quella Notte nuziale, ma la festa è già inizia (18 giorni prima, essendo 18 un numero speciale per il mondo islamico). Arrivando a Istanbul si sente subito nell’aria quest’aria di festa. Ripenso alla tomba che ho visitato pochi anni fa a Konya, alle danze dei Dervisci con le lunghe vesti bianche, che ruotano su se stessi fino all’estasi, la mano destra rivolta verso l’altro, per ricevere la benedizione dal cielo e la sinistra rivolta verso il basso per trasmettere la benedizione alla terra.

L’aereo spicca il volo da Fiumicino e subito lo sguardo abbraccia la costa laziale. Sul mare d’intenso azzurro si staglia presto l’isola di Ponza, poi Napoli, abbacinata di sole, il Vesuvio… Sulla Grecia inizia a stendersi una cortina di nubi. Quando atterriamo a Istanbul il cielo e cupo e piove a diritto. Devo aspettare qualche ore in aeroporto. Degusto i morbidi Lokum, i tipici dolci turchi esposti a montagnole per gli assaggi. Un gelataio artigianale mi invita a degustare la sua specialità al pistacchio… Infine mi dirigo verso la moschea.
Conosco quasi tutte le cappelle degli aeroporti, da Parigi a Praga, da Amsterdam o Roma… Spesso sono uno squallore. Talvolta per entrarvi occorre girare mezzo aeroporto in cerca della chiave. Quasi sempre sono deserte. La moschea all’aeroporto di Istanbul è piena di uomini, a decine. Da come sono vestiti si vede che provengono dalle più varie parti del mondo, assieme a funzionari dell’aeroporto, poliziotti... Entro e inizio a recitare il breviario.  Mi colpisce il senso di fraternità che c’è fra tutti. Si incontrano per la prima volta e sembra si conoscano da sempre. Chi prega in silenzio, chi legge a voce basse il Corano, chi si prostra, chi conversa… A un dato punto uno propone di pregare insieme e tutti si raggruppano in file ordinate e iniziano le prostrazioni in perfetta sincronia… Una testimonianza di fede straordinariamente bella…

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