Secondo giorno del nostro simposio Hindu-Cristiano su “Interpretare e vivere le Scritture per costruire l’armonia universale e la pace”.
Ho parlato dell’esegesi dei santi, uomini e donne “spirituali”, illuminati e guidati dallo Spirito. Ho portato con me sul palco la statuetta del Mahatma Gandhi che mi hanno regalato ieri. Dovevo parlare dei santi nel cristianesimo e del loro rapporto con il Vangelo, ma come non avere presenti i “santi” e i mistici Hindu? “Ogni volta che mi trovo in difficoltà corro dalla Madre Gita – scriveva Gandhi – e finora non ha mai mancato di darmi conforto… La Gita non è soltanto la mia Bibbia o il mio Corano, è molto di più, è mia madre. Ho perduto la mamma terrena tanti anni fa, ma questa madre da allora ha preso pienamente il suo posto accanto a me”.
Questo è vero anche per i “santi” di oggi, come il dott. Upadhyàya, che ha moderato il mio intervento. Ricordo di quando mi raccontò del suo rapporto con le Scritture hindu: «Le nostre Scritture sono tenute nel più alto onore e vengono lette ogni giorno…. La vita quotidiana del popolo indù è imbevuto da questi testi. I Veda sono come le mucche, che danno il latte, come l’Himalaya che fa scendere l’acqua che dà la vita: acqua e latte sono come la sapienza che distilla da questi antiche sacri testi. La Bhagavad Gita ne è il frutto per eccellenza, quello che potremmo chiamare il Vangelo indù, è il latte dei Veda. Spesso è imparato a memoria. Nella mia famiglia ogni giorno, prima del pranzo, la leggiamo, capitolo per capitolo». Anche la moglie del professore Upadhyàya confida con naturalezza il suo atteggiamento “devoto” verso la Bhagavad Gita: «Quando ho una difficoltà, un problema, sono turbata, mi raccolgo in preghiera, apro va Bhagavad Gita e subito trovo la risposta e la pace».
Nel pomeriggio c’è stata una conferenza proprio su come Gandhi si è posto davanti alle diverse Scritture sacre. Ha un così grande rispetto, una così profonda stima delle Scritture delle diverse religioni che si comprende perché lo abbiano chiamato Mahatma, anima grande.
Altre relazioni di oggi riguardano le interpretazioni delle Scritture indiane, in modo particolare le Upanishad, lette nel contesto odierno. Non è mancato un apporto sulla lettura della Bibbia da parte dei Padri della Chiesa.
Da parte mia ho mostrato come i santi interpretano la Sacra Scrittura con la vita, mettendola in pratica, come scrivere san Nilo: «Con la mia vita interpreto tutto il Vangelo», fino a diventare persone trasformate in Vangelo, sono Vangelo fatto vita, sono esegesi vivente. Comprendono perché amano; è una intelligenza che viene dall’esperienza.
Per capire cosa contiene un seme occorre seminarlo e vederlo crescere. Per capire cosa contiene la Sacra Scrittura e di cosa è capace, occorre accoglierla con cuore puro e metterla in pratica. Vivendola i santi hanno mostrato ciò di cui la Parola è capace: hanno costruito monasteri, ospedali, scuole, centri di preghiera e di meditazione, hanno ispirato politica ed economia… ; e hanno sperimentato anche la libertà, la gioia, il coraggio della coerenza evangelica. Hanno compreso il senso profondo della vita.
Kala Acharia mi ha chiesto di parlare della lectio divina. Ho ricordato i vari momenti, dalla lectio alla meditatio, dalla oratio alla contemplatio, fino alla traduzione in vita, fino alla condivisione con gli altri il cammino della lectio. Quest’ultimo punto è stato colto come una autentica novità ed ha suscitato un grandissimo interesse: comunicare, donare…
Dai santi a Maria, modello di interpretazione delle Scritture, tema offerto da Judith, che ha voluto sullo schermo, per tutto il tempo della sua conferenza, l’immagine della Madonna dipinta qui in India e ora nella chiesa di Loppiano. Quando ha ricordato che per noi cristiani Maria, ai piedi della croce, è stata costituita da Gesù Madre di tutta l’umanità, ho avuto un colpo al cuore. Questa verità, così evidente, detta e ascoltata qui, in questo contesto, mi è risuonata nuovissima, quasi una rivelazione: davvero Madre di tutti? È dunque Madre anche di questi hindu? Tutti ripetiamo che siamo fratelli e sorelle perché abbiamo un solo Padre. Lo siamo anche perché abbiamo una sola Madre! Sì, lo sappiamo, ma adesso questa realtà mi sembra più vera, più bella, più concreta.
Ho parlato dell’esegesi dei santi, uomini e donne “spirituali”, illuminati e guidati dallo Spirito. Ho portato con me sul palco la statuetta del Mahatma Gandhi che mi hanno regalato ieri. Dovevo parlare dei santi nel cristianesimo e del loro rapporto con il Vangelo, ma come non avere presenti i “santi” e i mistici Hindu? “Ogni volta che mi trovo in difficoltà corro dalla Madre Gita – scriveva Gandhi – e finora non ha mai mancato di darmi conforto… La Gita non è soltanto la mia Bibbia o il mio Corano, è molto di più, è mia madre. Ho perduto la mamma terrena tanti anni fa, ma questa madre da allora ha preso pienamente il suo posto accanto a me”.
Questo è vero anche per i “santi” di oggi, come il dott. Upadhyàya, che ha moderato il mio intervento. Ricordo di quando mi raccontò del suo rapporto con le Scritture hindu: «Le nostre Scritture sono tenute nel più alto onore e vengono lette ogni giorno…. La vita quotidiana del popolo indù è imbevuto da questi testi. I Veda sono come le mucche, che danno il latte, come l’Himalaya che fa scendere l’acqua che dà la vita: acqua e latte sono come la sapienza che distilla da questi antiche sacri testi. La Bhagavad Gita ne è il frutto per eccellenza, quello che potremmo chiamare il Vangelo indù, è il latte dei Veda. Spesso è imparato a memoria. Nella mia famiglia ogni giorno, prima del pranzo, la leggiamo, capitolo per capitolo». Anche la moglie del professore Upadhyàya confida con naturalezza il suo atteggiamento “devoto” verso la Bhagavad Gita: «Quando ho una difficoltà, un problema, sono turbata, mi raccolgo in preghiera, apro va Bhagavad Gita e subito trovo la risposta e la pace».
Nel pomeriggio c’è stata una conferenza proprio su come Gandhi si è posto davanti alle diverse Scritture sacre. Ha un così grande rispetto, una così profonda stima delle Scritture delle diverse religioni che si comprende perché lo abbiano chiamato Mahatma, anima grande.
Altre relazioni di oggi riguardano le interpretazioni delle Scritture indiane, in modo particolare le Upanishad, lette nel contesto odierno. Non è mancato un apporto sulla lettura della Bibbia da parte dei Padri della Chiesa.
Da parte mia ho mostrato come i santi interpretano la Sacra Scrittura con la vita, mettendola in pratica, come scrivere san Nilo: «Con la mia vita interpreto tutto il Vangelo», fino a diventare persone trasformate in Vangelo, sono Vangelo fatto vita, sono esegesi vivente. Comprendono perché amano; è una intelligenza che viene dall’esperienza.
Per capire cosa contiene un seme occorre seminarlo e vederlo crescere. Per capire cosa contiene la Sacra Scrittura e di cosa è capace, occorre accoglierla con cuore puro e metterla in pratica. Vivendola i santi hanno mostrato ciò di cui la Parola è capace: hanno costruito monasteri, ospedali, scuole, centri di preghiera e di meditazione, hanno ispirato politica ed economia… ; e hanno sperimentato anche la libertà, la gioia, il coraggio della coerenza evangelica. Hanno compreso il senso profondo della vita.
Kala Acharia mi ha chiesto di parlare della lectio divina. Ho ricordato i vari momenti, dalla lectio alla meditatio, dalla oratio alla contemplatio, fino alla traduzione in vita, fino alla condivisione con gli altri il cammino della lectio. Quest’ultimo punto è stato colto come una autentica novità ed ha suscitato un grandissimo interesse: comunicare, donare…
Particolarmente contenta si è mostrata la danzatrice di ieri sera. “La tua danza non era il frutto della tua lectio divina, fino al sesto grado?”, le ho detto. Per un’ora ieri ci ha narrato le storie di Krishna attraverso gesti e movenze, ma ce li ha spiegate anche introducendo le danze, facendoci conoscere come lei le ha lette, sotto la guida del suo guru, come le ha tradotte in danza. È stata una autentica preghiera.
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