martedì 13 dicembre 2011

Viaggio in India: Vivere i Veda, vivere il Vangelo

12 dicembre 2011.
La mattina, prima dell’inizio dei lavori, ho passeggiato un po’ nelle vicinanze dove le case e le ville sorgono alla rinfusa, senza un piano preciso, dando un certo senso di caos, almeno dal mio punto di vista. Poche le auto. La gente si muove molto a piedi. Un quadretto di grande tenerezza me lo hanno dipinto i papà che accompagnano i figli a scuola portandoli su grandi biciclette, pedalando con fatica su per le salite… Li trovi anche ai crocicchi delle strade, che si fermano a parlare tra di loro, prima di proseguire, con i bambini seduti sul seggiolino…
La sera mi sono spinto fino ad un villaggio vicino, con baracche in lamiera, particolarmente animato. Gli uomini tornano dal lavoro con facendo dondolare i pentolini del pranzo. Poco lontano una giovane donne raccoglie sterpi per il fuoco della sera… Un mondo arcaico…
Siamo ormai al terzo giorno del nostro simposio. Le Scritture continuano a rimanere al centro del nostro dialogo. È una gara appassionante. Ricordo l’incontro con il dottor Ashok Vohra, nella sua casa a New Delhi, quando mi raccontava che, come ogni devoto, anche lui dedicava mezz’ora, tre quarti d’ora al giorno alla lettura della Bhagavad Gita. Ne leggeva un capitolo, a volte appena una frase, quanto bastava per nutrire la sua giornata. «La lettura della Scrittura – mi spiegava – è fondamentale per la mia vita. Mi ricorda costantemente il volere di Dio e mi pone davanti ai grandi valori della vita. So perché vivo e perché muoio. È come se ogni volta il testi acquistassero una nuova giovinezza. È il contesto sempre diverso del mio vivere che dà significati sempre nuovi alla Scrittura e nello stesso tempo la Scrittura dà luce agli avvenimenti di ogni giorno».
Come per noi cristiani le Scritture non sono soltanto lette, ma anche celebrate. Ieri sera abbiamo partecipato ad una autentica attualizzazione della parola fatta di musica, canto e danza. Un corpo di ballo formato da ragazze giovani ci hanno rappresentato una bellissima opera teatrale sul rapporto di Krishna con le due mogli, la dolce Rukmini e la gelosa Satyabhma. Pur non comprendendo le parole dei canti, i gesti, le espressioni dei volti, le scene erano così vivi ed eloquenti che era facile seguire il dramma nei suoi momenti, umoristici, seri, parenetici… Mi sono venute in mente le sacre rappresentazione medievali. Qui continuano a essere composte da sempre nuovi artisti e parlano ancora alla gente.

I contributi di oggi sono stati ricchissimi e ci fanno comprendere quanto siamo vicini pur nelle nostre diversissime tradizioni. Davvero è molto più ciò che ci unisce di quanto ci divide. Basterà mettere in rilievo e vivere le profonde verità che abbiamo in comune. Tante altre cose, se valide, resteranno patrimonio delle diversi tradizione, se non hanno valore cadranno da sole.
Callan ci ha fatto conoscere le ricchezza della tradizione anglicana e Kala la reinterpretazione dei cinque tipi di sacrifici hindu. Due giovanissime professoresse hanno presentato altre Scritture hindu e hanno spiegato come interpretare il linguaggio religioso. È venuto poi il momento del confronto della vita, attraverso due grandi testimonianze: Gandhi e Vallalar un santo del Tamil Nadu del XIX secolo. Chiudono due interventi sulla spiritualità e il vissuto della parola.
Mi colpiscono soprattutto i nostri Gandhiani, umili, semplici, affabilissimi, pratici, poveri… proprio la continuazione di Gandhi.
Al termine di questi tre giorni, prima parte del simposio, un intenso momento di comunione mostra le ricchezza di questo abbiamo sperimentato. Antonio ricorda quello che ha detto Upadhyàya: “Dobbiamo leggere i Veda al punto da diventare Veda”; e Upadhyàya ricorda quello che io ho detto, che i santi sono Vangelo vivo… Vivere la Parola è emerso come un’esigenza comune. Siamo legati da quell’amore che sottostà ad ogni Scrittura, e che abbiamo cercato di vivere tra di noi, fino a sentirci davvero una sola famiglia. 
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