Passeggio per il mercato, nel vecchio centro di Ottawa. È appena nevicato e il freddo è pungente. Quattro giovani, avvolti in cappotti pesanti, modulano le armonie dei primi canti di Natale. È la vigilia della prima domenica di Avvento e già è aria di festa, con un senso indefinito di aspettativa. Dall’Italia mi giungono alcuni sms a ricordarmi che ---. Ho ricevuto più e-mail del solito con gli auguri per questo periodo. In questi giorni mi sono visto mettere in mano opuscoli agili con le indicazioni di percorso per la preparazione al Natale. Mai come quest’anno l’Avvento si fa sentire come il momento propizio nel quale qualcosa di nuovo può accadere.
È sempre stato così, l’Avvento, inizio dell’anno liturgico. Ma forse adesso sentiamo il bisogno di cambiamento e che ci sia concessa una opportunità per ricominciare di nuovo. È forse la pesantezza della situazione politica, l’incertezza dell’economica, la sfiducia nelle istituzioni, l’insicurezza sociale, i nostri stessi fallimenti personali e le inconsistenze, con il senso di frustrazione che tutto ciò porta con sé, a farci desiderare la chance per una innovazione.
In questo Avvento gli interrogativi: cosa cambiare, come, perché, da dove iniziare…, lasciano il posto ad una certezza, e quindi alla speranza, alla gioia: il Signore viene, viene davvero, viene ancora, e con lui tutto può cambiare, tutto può ricominciare. Non è vero che non c’è niente di nuovo sotto il sole e che quello che è avvenuto avverrà ancora. L’Avvento ci apre gli occhi sul più stupefacente degli accadimenti: Dio l’Eterno entra nel tempo, l’Impassibile si fa storia, l’Altissimo si fa piccolo. Se tale impossibile evento è stato possibile, si è avvenuta la più grande delle novità mai immaginabile, ogni altra innovazione è possibile. Anche nella mia vita, anche attorno a me. È il miracolo del Natale.
Nessun commento:
Posta un commento