È già inverno a Ottawa. Il freddo è pungente, sotto un cielo limpido, inondato di sole. Ieri sera sono arrivato quando era già buio, ma dopo cena non ho resistito al desiderio di passeggiare sul sentiero dietro casa, lungo il fiume e di ripercorre le strade del quartiere, quasi per riappropriarmi di un luogo amato. Torno dopo 20 anni e ritrovo la stessa natura calma e serena, le stesse villette di una volta. Niente è cambiato. Soltanto nel campus dell’università trovo qualcosa di nuovo: un edificio con un centinaio di appartamenti per gli studenti, la biblioteca ampliata, la libreria… L’università degli Oblati cresce, ma purtroppo sta scomparendo la facoltà di teologia e l’istituto di missiologia. Seminaristi, religiosi e religiose venivano da tutto il Canada. In un Paese sempre più secolarizza e dichiaratamente ostile al cristianesimo, oggi non ci sono più vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa. Il grande seminario tenuto dagli Oblati, nel quale ho vissuto tre mesi, è stato appena chiuso e sarà ristrutturato per accogliere studenti di altre facoltà. Ci sono ancora studenti dall’estero e alcuni laici che vengono per la teologia, ma sembra non ci sia futuro. È il volto sofferente della Chiesa, una morte che domanda una nuova risurrezione.Trent’anni fa la mia prima visita in Canada segnava l’inizio del mio girovagare per il mondo. Il primo amore non si scorda mai. Ne fui conquistato a prima vista e vi sono tornato più volte. Ho rivisitato gli Archivi Deschâtelets, un monumento alla storia degli Oblati nel Canada. Qui ho lavorato al Dizionario dei Valori Oblati, un’opera ormai tradotta in cinque lingue. Sono qui per prendere nelle mie mani un’eredità preziosa e per dare continuità alla vita.
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