L’Africa era stato forse il primo progetto al quale Eugenio
aveva lavorato pensando alla diffusione dei suoi Oblati. Durante un suo viaggio
ad Algeri andava ripetendo: «Qua ci vorrebbero proprio gli Oblati. L’Algeria ci
chiama». Poté mandarvi i suoi missionari solo alla fine, quando erano già nate
le missioni in America e in Asia. Nell’Algeria, tanto desiderata, le cose non
andarono bene e fu costretto a ritirare tutti i suoi.
Intanto la Provvidenza pensava a scegliere la strada giusta.
Questa volta fu proprio da Roma che arrivò la richiesta d’aiuto. Nel Sudafrica
c’erano solo due vescovi e a Propaganda Fide non si riusciva a trovare
chi potesse andare in quelle regioni. Dopo aver domandato invano ai Maristi, ai
Gesuiti, ai Padri dello Spirito Santo, tutti privi di uomini adatti, ci si
rivolse a mons. de Mazenod. La Congregazione non contava ancora 200 membri e il
fondatore, che già aveva mandato i suoi Oblati ai quattro venti, si domandava
come rispondere a questa nuova chiamata della Chiesa. C’era una sola persona
con cui potesse veramente consultarsi: Gesù Eucarestia. Il Giovedì santo,
mentre visita le varie chiese della sua città, gli domanda cosa bisogna fare. Poi
la risposta: «La richiesta viene da Dio, non c’è dubbio, si tratta della
salvezza delle anime! Nessuno di noi aveva pensato a questa missione. Ci viene
proposta dalla voce di cui si serve la Chiesa, la Congregazione di Propaganda
Fide. Non c’è dubbio, questa chiamata viene sicuramente da Dio».
Il primo gruppo di missionari arriva nel Natal il 15 marzo 1852.
Prima di partire, Eugenio aveva consacrato vescovo uno di loro, p. Allard, che
aveva richiamato dal Canada. Il compito affidato a questi primi Oblati non era
facile: etnie mai conosciute, senza saper niente né della loro lingua, né dei
loro costumi, e senza che nessuno potesse iniziarli.
Viste le difficoltà, Eugenio invia subito altri tre Oblati, tra
i quali c’è il giovane Giuseppe Gérard, ancora diacono. Il mare però non
conosce l’urgenza del vescovo di Marsiglia e la tempesta – come ho già ricordato
–, invece di trasportarli in Africa, spinge la nave molto ad Ovest
nell’Atlantico. E un viaggio che dura ben otto mesi.
Con l’arrivo dei nuovi missionari si può iniziare la
penetrazione tra le popolazioni interne. Gli zulu, vedendo arrivare i nuovi
visitatori, li accolgono festosi e curiosi. Ma, all’infuori della curiosità,
per il momento c’è ben poco d’altro. Unico risultato è il battesimo di qualche
bambino morente.
Eugenio, leggendo le relazioni che gli giungono dall’Africa,
non riesce a capire come mai, a differenza di tutte le altre missioni, questa
sia la sola che non produce alcun frutto. Sette anni di duro lavoro senza
nessun risultato apparente. Ma ormai egli conosce la logica del Vangelo e sa
bene che il chicco di grano, per dare frutto, deve morire.
Negli ultimi giorni della sua vita, pur avendo visto fino ad
allora solo il marcire del chicco di grano, scorge già, nella fede, lo
sbocciare della vita nuova: «Verrà il momento in cui la grazia misericordiosa
di Dio produrrà come un’esplosione, e la Chiesa africana si trasformerà. Per
arrivare a questo forse occorrerà penetrare un po’ più avanti tra le tribù
indigene. Se ne troverete di quelle... che ancora non siano venute in contatto con
i bianchi, riuscirete certamente».
Era un’autentica profezia che si realizzò al di là delle montagne,
nel Basutoland, soprattutto per opera di p. Giuseppe Gérard, che diventerà “l’apostolo
dei Basuto”, proclamato beato da Giovanni Paolo II, andato in Lesotho espressamente
per questa beatificazione. Qua nel cortile c’è ancora la “papamobile” usata in
quella circostanza (anche se in pessime condizioni; gli Oblati polacchi dovrebbero venire a prenderla per un loro museo...).
La mia mattina comincia con la visita al cimitero degli
Oblati: 131! C’è anche l’elenco dei 75 missionari sepolti altrove: tra questi
p. Gérard di cui andrò a venerare la tomba qui a Roma del Lesotho, e p. Allard,
sepolto al Verano a Roma d’Italia, dove era venuto per partecipare al Concilio
Vaticano I.
Due ore di viaggio verso Tsikoane, dove mons. Allard e p.
Gérard giunsero nel 1862, obbedienti al mandato di Mons. de Mazenod, di
inoltrarsi ancora. Una lunga spedizione li aveva portati a Bloemfonteine, nello
Stato Libero d’Orange e dà lì nel confinante Basutholand. Ho fatto anch’io nel
2013 tutta la strada che da Pitermaritzburg porta a Bloemfonteine, e mi ero
immaginato la prima spedizione dei dui a cavallo… ma mi ero fermato a Bloemfonteine.
Ora sono giunto anch’io ai piedi della montagna di Tsikoane, dove furono
accolti da Molapo, il figlio del re Moschoeshoe e indirizzati a lui, che
abitava sulla montagna di Thaba-Bosiu.
Il mio viaggio è stato più facile di quello dei primi missionari, ma sono sicuro che anche loro sono rimasti incantati del paesaggio...
Quando mons. Allard e p. Gérard accanto alla casa del capo Molapo si accasciarono ai piedi di un albero stanchi morti. Quell’albero non c’è più, in compenso c’è una targa che lo ricorda…
A due passi oggi c’è una cappella-santuario che ricorda il primo arrivo di p. Gérard tra i Basoto. Nella cappellina trovo 9 prenovizi con un piccolo gruppo di altre persone che dicono il rosario. Qui hanno la devozione lunga: stanno terminando le venti poste del rosario con la recita di tutte e quattro le serie dei misteri. Segue la messa e se ne vanno un altro paio d’ore: ma in effetti che altro abbiamo da fare se non pregare e intrattenerci tra di noi; anch’io sono invitato a condividere la mia esperienza…
Dopo pranzo al prenoviziato, in questo luogo-santuario che oggi si
chiama Leribe Maryland colloquio con i prenovizi. Tutto intorno le nostre belle
scuole con tanti ragazzi che hanno prati a sfare per giocare.
Sulla strada del ritorno sosta al luogo dove nel 1875, 13
anni dopo essere entrato in Lesotho, p. Gérard fonda la missione di Santa
Monica, vicino a dove aveva incontrato il capo Molapo: vi rimarrà 20 anni; anni
difficili, di solitudine, di povertà, dove iniziano finalmente le prime
conversioni…
La chiesa costruita da p. Gérard non c’è più: al suo posto
una campana e una lapide di ricordo. Accanto la nuova chiesa e accanto ancora…
la moderna cattedrale. Quella povera missione oggi è il centro della diocesi!
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