giovedì 29 maggio 2025

Quell'altare sperduto sulla montagna

 

Questi giorni sono al Mazenod Conference Center, vicino la tipografia degli Oblati e più avanti la parrocchia Regina Mondi. Oggi è il giorno anniversario della morte del beato Giuseppe Gérard, ma la festa è rimandata a sabato, perché oggi si celebra l’Ascensione. Questa mattina presto due contadini hanno arato il terreno dell’orto attorno alla nostra casa, il sarto che ha il suo atelier sulla strada continua a cucire, ma per il resto oggi non si lavora, è festa anche civile oltre che religiosa.

La chiesa è gremita. È tutto un canto dall’inizio alla fine. L’omelia un autentico teatro, con dialogo tra prete e popolo, canti, battiti di mani. Tutta la messa è intensamente partecipata. Due ore passano in un soffio.

Dopo la messa le varie associazioni si riuniscono nei locali attorno alla chiesa per i loro incontri di formazione e di lavoro: si sono portati con sé il pranzo a sacco.

Tutti vestiti a festa. I colori sono sobrii, non così forti come in Camerun. Molte le divise delle varie associazioni, da quella di sant’Anna a quella della carità. Belli i costumi tradizionali: uomini e donne vestono eleganti coperte.




La pietà è sincera. Guardo il quadro accanto all’altare con la foto di p. Gérard e penso a come deve essere meravigliato e contento nel vedere tanta fede. Quanto ha tribolato per avviare la vita cristiana da queste parti: sembrava impossibile a causa della poligamia, le iniziazioni e i riti pagani, la forte opposizione di calvinisti e protestanti… Eppure con la sua tenacia e la sua preghiera è riuscito, anche se ci sono voluti anni e anni.

Il suo metodo apostolico è famosissimo: persona per persona:

“Essere più gentile, accostabile con tutti (un padre e dei figli). Bontà, affabilità con i giovani»

«Accogliamo tutti sempre bene. Non devo dimenticare di salutarli, di stringere loro la mano, di chiamarli per nome...»

«L’apostolato della conversazione. Quest’apostolato spicciolo, sermo pedestris, si esercita per strada, nei campi, accanto al focolare, al capezzale del malato. Quante anime salvate in questo modo, soprattutto quando il cuore aiuta la parola».

«Si catturano più mosche con una goccia di miele che non con un barile di aceto. Per convertire qualcuno bisogna anzitutto conquistarsi il suo cuore. Presso gli indigeni non si può ottenere nulla se non si conquista il loro cuore. Se riuscirete a farvi amare, avrete conquistato la persona che avvicinate».

«… i Basotho, i Matebele… Vedendoli uno può domandarsi che cosa fare per convertirli. La risposta si trova in tutte le pagine del Vangelo: amarli nonostante tutto, amarli… Il mondo appartiene a chi lo ama di più e ne dà la prova».

«Penso volentieri a un sacerdote, a un missionario Oblato di Maria Immacolata in una missione. È uno che osserva tutto con i suoi occhi, conosce con il suo cuore, porta la gioia con la sua presenza, si fa tutto a tutti per guadagnarli a Cristo. Con una carità intraprendente sa servirsi di tutto; ma non si accontenta di questi rapporti interpersonali, sacerdote di tutti, ma non abbastanza sacerdote di ognuno. Questo sacerdote coglierebbe l’occasione di dare a ognuno in particolare attenzioni personali, dirette del suo zelo, di modo che ognuno è certo di essere amato personalmente da lui».

Arrivato in Lesotho si diresse dunque ad incontrare il re Moschoeshoe sulla montagna di Thaba Bosiu. Il re diede ai missionari un appezzamento di terreno a una decina di chilometri dalla sua rocca. Lì fondarono il Villaggio della Madre di Gesù, poi chiamato “Roma”.


Ogni volta che p. Gérard andava a trovare il re, a metà strada si fermava per celebrare la messa e costruì un altare sulla collina. Non c’era nessun villaggio d’intorno, ma la gente veniva ugualmente, da chissà dove e da chissà quale richiamo. L’altare c’è ancora. Ho immaginato p. Gérard che da lì, mentre celebrava, guardava la pianura e le montagne circostanti, e sperava e pregava…

Per trovare quell’altare, in mezzo ai prati, ci vuole una guida esperta come quella chi ho la fortuna di avere questi giorni, Patricia, la ragazza che lavora negli archivi oblati. L’altare è lì dimenticato, in una proprietà privata, in mezzo a ruderi che case antiche. Foto assieme a p. Michael che ha la pazienza di farmi da autista...




 

Costruì poi la chiesa di san Michele, che divenne la seconda missione dopo il Villaggio della Madre di Gesù. Visito anche i ruderi di questa chiesa. Vicino la nuova chiesa, bella, spaziosa. Il Parroco mi accoglie con gioia. Parla bene l’Italiano per aver studiato a Roma. In chiesa trovo uno dei busti più belle di p. Gérard e davanti un piccolo cappello tipico del Lesotho. Me lo faccio regale come “ricordo”, meglio, come “reliquia. Gli prometto che se organizza un grande pellegrinaggio per celebrare ancora una Messa sull’altare di p. Gérard vengo appositamente…

Infine la visita all’archivio degli Oblati. Ma questo è tutto un altro capitolo.

 

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