giovedì 20 luglio 2023

Tutte le cose sono innamorate tra loro

Di nuovo a Tonadico, di nuovo suoi “luoghi carismatici” del Paradiso49. Saliamo alla Madonna della luce e rileggiamo l’esperienza vissuta in quella natura meravigliosa: «Avevo l’impressione di percepire, forse per una grazia speciale di Dio, la presenza di Dio sotto le cose. Per cui se i pini erano inondati dal sole, se i ruscelli cadevano nelle loro cascatelle luccicando, se le margherite e gli altri fiori ed il cielo erano in festa per l’estate, più forte era la visione d’un sole che stava sotto a tutto il creato. Vedevo, in certo modo, credo, Dio che sostiene, che regge le cose».

La percezione di Dio nel creato, pur nella differenza delle fedi, è comune a tutte le grandi religioni. Le Upanisad raffigurano il Brahman come lo spazio immenso «nel quale i mondi riposano» e «nel quale tutte le cose sono contenute»; la divinità abbraccia e avvolge tutto. Lao-tzu rappresenta il Tao come «la dimora di tutte le cose». Del Buddha si narra: «Quando Shakyamuni vide il mondo con gli occhi di Budda, scoprì che ogni cosa gli appariva completamente trasformata: animali, piante, esseri umani, tutto sembrava immerso in un tale bagno di gloria e di splendore che era come se fossero pervasi della vita stessa del Budda. Il suo spontaneo: “Meraviglioso! Meraviglioso!” eruppe dalla sua grande gioia di scoprire la vera situazione di ogni esistenza».

Anche i mistici cristiani testimoniano una medesima percezione. Basterà richiamare l’esperienza di Ildegarda di Bingen quando sente la voce di Dio amore che le dice: «Io, la somma potenza di fuoco, accendo tutte le scintille della vita. (…) Io, la fiammeggiante vita dell’essenza divina, sfavillo sulla bellezza dei campi, risplendo nelle acque, ardo nel sole, nella luna e nelle stelle. E con vento leggero, quasi con respiro invisibile, risveglio ogni cosa a una vita rigogliosa. L’aria vive in ciò che è verdeggiante e fiorente. Le acque scorrono come se fossero vive. Io, la forza di fuoco, riposo nascosta in tutti questi elementi, che grazie a me ardono, così come il respiro, l’anima, muove costantemente l’uomo. Tutti gli elementi vivono nella loro natura; nulla di morto si trova in essi, poiché io sono la vita».

Angela da Foligno: «All’istante furono aperti gli occhi dell’anima. E vedevo una pienezza di Dio, nella quale abbracciavo tutto il mondo, vale a dire di là dal mare, di qua dal mare e l’abisso e il mare e il resto. E in tutto ciò non discernevo se non la potenza divina in un modo inenarrabile. L’anima, piena di ammirazione, gridò dicendo: “Questo mondo è pregno di Dio”. E abbracciavo il mondo intiero come fosse una piccola cosa, cioè di là e di qua dal mare e l’abisso e il mare e il resto, come fosse poca cosa; ma la potenza di Dio eccelleva e riempiva tutto».

Gemma Galgani vedeva «una luce di splendore immenso che penetra ogni cosa e, nello stesso tempo, dà vita ed anima tutto, così che tutto quello che esiste ha la vita da questa luce e vive di essa». Per questo, attesta, «io vedo il mio Dio e tutte le creature in lui».

Come non ricordare il vescovo Klaus Hemmerle che, poco prima della sua morte, così comunicava la sua percezione della natura: «Ero in vacanza sulle Alpi e una volta, durante una passeggiata, mi parve che il sole fosse caduto nella valle. Immergeva di luce il paesaggio non più da sopra o da fuori, ma come da sotto e da dentro. Monti, strade, acque, rosseggiavano del sole che era in loro e quasi sotto di loro».

Nicola Cusano legge e interpreta queste esperienze in chiava trinitaria. Nel suo Docta ignorantia trova le immagini della Trinità nelle relazioni tra gli esseri creati, in quanto ad esempio generano, sono generati e si uniscono tra di loro. Si tratta, come egli stesso avverte, di una «analogia molto lontana», ma nello stesso tempo reale perché tali similitudini risalgono all’attività creatrice stessa di Dio: «Tutte le cose create portano l’immagine della forza creatrice… della Trinità creatrice». Le realtà create non sono immediatamente collegate soltanto con il loro Creatore, ma anche fra di loro. La presenza creatrice di Dio fa sì che siano presenti le une alle altre, che possano essere e agire le une nelle altre e le une con le altre. La pericoresi Dio-mondo, innesca anche una pericoresi tra le stesse realtà create.

È proprio l’esperienza di Chiara: tutto è in rapporto d’amore. Le creature non soltanto sono in rapporto l’una con l’altra, figlie di quel Dio Amore che è Persone in rapporto l’una con l’altra, ma sono addirittura “innamorate” tra di loro. “Innamorate”, ossia esse si desiderano, si attraggono con freschezza sempre rinnovata, nell’incanto del primo amore. L’esemplificazione è estremamente suggestiva e denota il frutto di una contemplazione mistica: «Se il ruscello finiva nel lago era per amore. Se un pino s’ergeva accanto ad un altro era per amore».

L’universo appare unificato dalla presenza di Dio e dal dinamismo di amore reciproco che egli vi imprime in quanto Trinità: «E la visione di Dio sotto le cose, che dava unità al creato, era più forte delle cose stesse; l’unità del tutto era più forte che la distinzione delle cose fra loro».

L’universo appariva tale anche ad Angela da Foligno che lo vedeva «come fosse una piccola cosa», al punto da poterlo abbracciare. Lo stesso accadde a Benedetto da Norcia nella sua celebre visione del mondo che si raccoglieva interamente in un raggio di sole. Eppure l’esperienza di Chiara mostra un elemento nuovo: l’unità del creato è il frutto della relazione d’amore tra le cose create. Queste non sono «una piccola cosa» perché rimpicciolite davanti all’infinito di Dio, come sembra sperimentare Angela. Non sono «raccolte in un raggio di sole» perché colte con lo sguardo di Dio, come sembra sperimentare Benedetto. Sono “uno” perché ogni realtà è “innamorata” dell’altra, va verso l’altra perché da essa attratta e ad essa si dona e con essa si consuma in unità. È l’amore che muove le realtà create l’una verso l’altra, a cercarsi, a unificarsi.

Siamo in un’altra dimensione anche rispetto al dantesco «l’amor che muove il sole e l’altre stelle». L’amore di Dio, nell’esperienza di Chiara, non è un influsso esterno ad esse che le muove e le spinge le une verso le altre. L’amore di Dio si partecipa alle realtà stesse e rende il movimento della creazione una realtà ad essa intrinseca, nasce dal di dentro, motivato proprio dalla partecipazione all’Amore.

Il fiume quando si getta nel mare cessa di essere fiume, “muore” nel mare, dando al mare la possibilità di “vivere”: si muove per amore del mare e il suo morire è per dare la vita. Ed è così, tra l’altro, che il fiume realizza la propria identità. Se lo si sbarrasse per impedirgli di “perdersi” nel mare diventerebbe una palude, non più un fiume. Siamo dunque in una visione tutta positiva del “negativo” presente nella natura. Se nella creazione il negativo, la morte ad esempio o la decomposizione, è sperimentato come dolore e fallimento ciò è dovuto al peccato e alle sue conseguenze, non alla realtà in sé, che è invece espressione di dono, offerta di vita, frutto di un “innamoramento”. Siamo davanti ad un riflesso dell’amore trinitario, dell’amore mostrato in terra da Gesù abbandonato. La creazione parla di Dio creatore; dalle realtà conoscibili si può risalire al loro fattore (cf. Rm 1, 20) e, alla luce della pienezza della rivelazione, possiamo sentire le realtà create che parlano del Dio di Gesù Cristo che è Amore, Trinità di Persone in Unità.

A questo punto non posso non fare riferimento ad un’altra esperienza che avverrà un paio di mesi più tardi, il 2 settembre del medesimo anno, quando Chiara stessa si sente personalmente coinvolta nel rapporto d’amore tra tutto il creato. Anche allora ricorre il verbo “innamorare”: «Tutto è innamorato in me ed ogni cosa è innamorata fuori di me. Ho sentito che io sono stata creata in dono a chi mi sta vicina e che mi sta vicino è stato creato in dono per me. Come il Padre della Trinità è tutto per il Figlio e il Figlio è tutto per il Padre. Sulla terra tutto è in rapporto di amore con tutto: ogni cosa con ogni cosa. Bisogna essere l’Amore per trovar il filo d’oro fra gli esseri».

Il rapporto di attrazione e di donazione d’amore tra le creature non riguarda soltanto la natura inanimata, ma l’umanità stessa. Il dinamismo dell’amore come relazionalità (darsi in dono ed accogliere il dono) si fa esplicito e cosciente. Esperienza della natura ed esperienza dell’uomo si illuminano a vicenda: sono l’essere e l’esperienza della creatura come tale, in quanto porta in sé l’impronta del Creatore che è Trinità. Il riferimento al rapporto d’amore tra le divine Persone (darsi in dono ed accogliere il dono) è ormai esplicito. E che si tratti di una reale esperienza mistica è testimoniato dall’ultima frase: «Bisogna essere l’Amore per trovar il filo d’oro fra gli esseri». Soltanto con lo sguardo di Dio si può cogliere in pienezza l’opera di Dio. Ma per avere il suo sguardo occorre essere lui stesso.

 

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