sabato 11 luglio 2020

Salì su una barca e si mise a sedere


“Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole” (Mt 13, 1-23).

Questa domenica di luglio il Vangelo racconta la parabola del seminatore. La riflessione sarà dunque sul valore della parola e sul modo accoglierla. Oppure potrebbe fermarsi su: “Beati i vostri occhi perché vedono quello che i profeti non videro”, come ha fatto il mio omonimo Fabio Rosini sul suo bellissimo commento apparso questi giorni sull’Osservatore Romano.

A me piace fermarmi sull’inizio del brano e sui suoi sette verbi. È una scena semplice e straordinariamente bella: una poesia.

“Quel giorno Gesù uscì di casa”
Quel giorno: quale giorno? Non ha importanza. Ogni giorno è buono per iniziare una storia. Non c’è bisogno di un evento speciale perché accada qualcosa di bello e d’inatteso.
Occorre comunque uscire di casa, dal proprio guscio, perché accada qualcosa di nuovo e di bello.

“e sedette in riva al mare”.
Sembra che non prenda nessuna iniziativa. Aspetta che accada qualcosa. Non è affannato, preoccupato. Si siede e basta.
Mi pare di vederlo mentre contempla la distesa dell’acqua, neanche un’increspatura. Non si vede l’altra sponda, è un orizzonte infinito, nel quale tutto può accadere.

“Si radunò attorno a lui tanta folla”
Ed accade. Non fa nulla eppure è come un magnete che attira a sé. Non chiama a gran voce, non fa cenno di accostarsi. La sua silenziosa distesa presenza è un richiamo potente.

“che egli salì su una barca”
È così tanta la folla che per guardarla ha bisogno di distanziamento, di un piedistallo, e sale sulla barca.
Quante evocazioni la barca! Le mie sono soltanto evocazioni letterarie perché in barca non sono mai andato. Mi ricorda Mario Luzzi con la sua famosa:
“Amici, ci aspetta una barca”. Narrando di quella poesia, scritta a vent’anni, il maestro confidava: “Intendevo proprio questo: amici, ci aspetta un viaggio, una navigazione, perché la vita è una cosa enorme, ci aspetta una navigazione alla ricerca di se stessi e delle fonti che ci hanno dato origine”.

“e si mise a sedere,”
Contrariamente alla poesia di Luzzi, la barca non parte: Gesù si mette a sedere. È una posizione molto prosaica, familiare, di grande distensione, eppure ha in sé la solennità del maestro che si colloca alla cattedra e si appresta a insegnare. Solennità e familiarità insieme, è forse questo il segreto del successo di Gesù.

“mentre tutta la folla stava sulla spiaggia”.
L’immobilità del lago si riflette nell’immobilità della folla. Sono in attesa, uno “stare” pieno di speranza.

“Egli parlò loro di molte cose con parabole”.
Eccolo finalmente. Tutto converge a questo momento: la Parola si fa parola.
Chissà come sarà stato bello ascoltare Gesù. L’acqua del lago gli faceva da altoparlante e la sua parola si diffondeva e penetrava come acqua nei cuori della folla.

Ora possiamo leggere almeno la prima parte della poesia di Mario Luzzi. Ho detto prima che la barca di Gesù, al contrario di quella del poeta, non parte. Ma non è così. Come quella di Luzzi la barca di Gesù si libra nel cielo e porta la folla fin nel seno divino spalancato dalle sue parole. Dalla barca di Gesù, dalla sua bocca di grazia, si vede il mondo con occhi nuovi e si torna alle sorgenti della vita.

Amici ci aspetta una barca e dondola
nella luce ove il cielo s’inarca
e tocca il mare, volano creature pazze ad amare
il viso d’Iddio caldo di speranza
in alto in basso cercando
affetto in ogni occulta distanza
e piangono: noi siamo in terra
ma ci potremo un giorno librare
esilmente piegare sul seno divino
come rose dai muri nelle strade odorose
sul bimbo che le chiede senza voce.

Amici dalla barca si vede il mondo
e in lui una verità che precede
intrepida, un sospiro profondo
dalle foci alle sorgenti…


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