giovedì 25 ottobre 2018

Ricordando la consacrazione episcopale di Eugenio de Mazenod


Ogni anno gli Oblati di Roma, assieme agli amici, vanno alla chiesa di santa Maria in Campitelli, per ricordare le 6 ore di preghiera che vi passò sant’Eugenio de Mazenod. Non andiamo invece alla chiesa di san Silvestro al Quirinale dove, quando venne a Roma la prima volta, vi passò 6 mesi, tornandovi altre tre volte. La seconda volta fu per esservi consacrato vescovo, il 14 ottobre 1832. Oggi vi siamo andati per rivivere quel momento.
Si preparò con un ritiro iniziato il 7 ottobre, di cui conserviamo le note. Ho letto alcuni di quegli appunti durante l’omelia: parlano della sua visione dell’episcopato, della missione di pastore, e soprattutto della docilità allo Spirito Santo e alla volontà di Dio. Sono testi di grande ricchezza dottrinale e di profondità spiritualità.

Pochi giorni prima, il 4 ottobre, scrisse una lettera a Mons. Martin de Noirlieu, cappellano a San Luigi dei Francesi in Roma. Non aveva nessun altro vicino con cui potersi confidare. Alla sua ordinazione non c’era nessun familiare, né la mamma, né la sorella, e neppure nessuno dei suoi Oblati. Ecco cosa scrisse a Martin de Noirlieu:

Se conosceste tutta l’amicizia che ho per voi, vi rendereste conto del dispiacere che provo nel non vedervi, soprattutto nella circostanza in cui mi trovo. Non è ancora noto a Roma, ma il Papa mi ha nominato vescovo e visitatore apostolico di Icosia, Tripoli e Tunisi. Sarò consacrato, salvo imprevisti, il 14 di questo mese. [...] Sono qui solo, e vi assicuro che la povera natura è crocifissa; ma non invano sento che Dio supplirà a ogni deficienza o difficoltà con abbondanti grazie spirituali.
Ho sempre considerato l’episcopato in una luce diversa rispetto a molti altri; e ora che sono eletto e così prossimo all’investitura della pienezza del sacerdozio di Gesù Cristo, questo profondo senso di riverenza, la grande idea che la fede ha radicato nel mio cuore per questa grande dignità, mi schiaccerebbe, togliendomi tutto il coraggio, tutta la forza per andare avanti, se il Signore non mi riempisse con la speranza più dolce, facendomi considerare questa nuova venuta dello Spirito Santo in me come un momento di rinnovamento e di misericordia. Mi sembra che lo Spirito divino che ho tanto addolorato da quando mi sono state imposte le mani nel sacerdozio, metterà ordine nella mia anima, stabilendovi la sua dimora con un potere così grande che non avrò modo di sfuggire alle sue ispirazioni. Che posso dirvi, amico mio? Vi parlo come se stessi solo pensando. Sono pensieri familiari che non mi imbarazzano. Addio, addio, vi lascio per andare un po’ a pregare, perché devo imparare a far sempre più mio questo grande dovere, il principale del mio futuro ministero.


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