sabato 13 ottobre 2018

Lo sguardo e la chiamata


«Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nes­suno è buono, se non Dio solo».
«Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Segui­mi!».
«In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (Mc 10, 17-30).

Quello sguardo Pietro non lo avrà mai più dimenticato, come non dimenticò quello che gli rivolgesti nel cortile del sommo sacerdote dopo il suo rinnegamento. Non lo dimenticò Levi, quando ti presentasti al banco delle imposte, né Zaccheo, quan­do Gesù lo scorse arrampicato sul fico. Nel suo sguardo si concen­tra e si trasmette l’amore eterno con cui ha pensato e amato ogni singola persona. Esso giunge in un momento preciso, che resterà impresso per sempre nella mente della persona guarda­ta, ma viene da lontano, carico di una conoscenza colti­vato a lungo prima dell’incontro.
In quel momento Gesù ha davanti qualcuno a cui da sempre ha pensato, per il quale il Padre ha preparato un futuro di gloria. Finalmente può rendergli nota la sua vocazione, puoi rivelargli che su di lui c’è un progetto di vita: una vocazione. Così lo sguardo si fa parola: «Vieni, segui­mi».

Per Matteo la persona che Gesù guarda e che ami è un giovane, per Luca un notabile, per Marco è semplicemente «un tale», una persona qualsiasi, con la quale ognuno di noi può identi­ficarsi.
La strada che apre davanti all’uomo che gli è dinanzi non è quel­la di una scelta morale giusta, già iscritta nel suo cuore. Chiede qualcosa di più, di andare dietro a lui.
Nell’Antico Testamento si seguiva soltanto Dio e la sua legge. Se Gesù chiede di seguirlo è perché è Dio e il tuo vangelo è legge di vita.
Con la domanda «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo», velatamente Gesù invita a credere che è Dio, giustificando così la pretesa: «Seguimi!». Il cristianesimo non è una morale, è una Persona.

Per poterlo seguire pone una condizione irrinunciabile: lasciare tutto, o meglio, condividere quanto si possiede con i poveri, perché nessuno sia più tale. Il cristianesimo non è povertà, ma comunione dei beni. La ricchezza non condivisa diventa idolo, trascina con sé arroganza, strapotenza, piaceri, superbia, cor­ruzione, facendoci credere onnipotenti. Siamo chiamati a sce­gliere tra l’idolatria della ricchezza con il suo triste corteo, e l’adorazione del vero Dio.
Per correre incontro a Gesù occorre essere leggeri. Ma siamo talmente invischiati nei piaceri e nei beni della terra, che pare impossibile staccarsi da affetti e averi per seguirlo. Sì, ci è impossibile.

Ma a Gesù niente è impossibile. Quello sguardo è troppo forte e pe­netrante, la chiamata troppo ferma e sicura per non trascinarci nel cammino dietro a sé verso quella vita eterna che quell’uomo gli aveva chiesto. Nella sua generosità il dono supera addirittura la domanda, offrendo la pienezza di vita già da questa terra. Se tutto mettiamo in comune e scegliamo Gesù come nostro unico ve­ro bene, egli colmerà la nostra vita contraccambiando il povero nostro dono con il centuplo, facendoci sperimentare la bellezza della comunione nella comunità cristiana.

Continua a guardarci
con sguardo carico d’amore.
Rivela ancora il progetto di Dio su di noi.
Incantaci con la tua bellezza,
con la bontà del tuo essere Dio.
Continua a chiamarci alla tua sequela
con voce più potente d’ogni altro richiamo,
capace di rendere possibile l’impossibile scelta
di condividere tutto,
per avere te come unico tesoro,
così che fiorisca, su questa nostra terra,
una fraternità nuova e solidale,
la famiglia dei figli di Dio.

Nessun commento:

Posta un commento