Dieci anni fa moriva p. Gaetano
Liuzzo, un Oblato di fuoco, appassionato per la missione e capace di infiammare
e appassionare tanti giovani alla missione. Ne ha attirati più di quaranta che
sono partiti per le più varie parti del mondo. È stato il suo modo di
“vendicarsi” per non aver potuto realizzare il suo sogno di andare in missione.
L’opera più grande a cui ha dato
vita è indubbiamente l’Istituto secolare delle Cooperatrici Oblate Missionarie
dell’Immacolata, i cui membri oggi, assieme agli amici, si sono ritrovate nella
nostra casa generalizia per celebrare il suo anniversario. Una mattinata con
tante immagini, testimonianze, ricordi, culminata con la messa presieduta dal
Superiore generale degli Oblati. Le COMI sono a casa loro nella nostra casa,
perché dall’inizio hanno voluto esprimere il volto femminile degli Oblati.
Due anni fa, accingendomi a scrivere
la biografia di p. Liuzzo, mi ero domandato: Sarà veramente un santo? E mi ero
risposto: Lo scoprirò a mano a mano che percorro la sua vita; vorrò vedere se e
quando apparirà qualche elemento che mi convincerà. Così sono andato avanti
conoscendo tante momenti belli della sua vita: l’ardente desiderio di seguire
Gesù, le molte iniziative per suscitare l’amore per le missioni, il lavoro con
i giovani, i laici, i seminaristi, la fondazione dell’Istituto secolare,
l’invio delle sue figlie all’estero… Vedevo una persona che piano piano
finalizzava doti ed esperienze nella fondazione e nella guida di una nuova
famiglia nella Chiesa di un centinaio di giovani donne che si consacravano a
Dio pur rimanendo pienamente laiche, e che giustamente lo chiamavano “Padre”. E
lui si sentiva tale, loro padre.
P Liuzzo, essendo un Oblato, nel
fondare una nuova opera, presto approvata dalla Chiesa, trasmetteva la grazia
che aveva ricevuto dal suo fondatore, sant’Eugenio. Non poteva essere
diversamente. Dal carisma fecondo di sant’Eugenio de Mazenod sono nati una
quarantina di istituti religiosi e secolari. La linfa delle radice del grande
albero ormai secolare alimentava adesso un altro nuovo ramo.
Le COMI divennero lentamente
consapevoli di questa radice da cui p. Liuzzo attingeva e di cui era
espressione. Cominciarono così a pensare che il loro vero fondatore carismatico
fosse sant’Eugenio. La funzione di p. Liuzzo sembrò ridimensionata: era
semplicemente il fondatore storico. Quando esse iniziarono ad esprimere questa
loro convinzione, p. Liuzzo non batté ciglio e aderì completamente a tale
visione.
Quando, scrivendo la biografia, sono
giunto a questo punto della sua vita, mi sono reso conto della sua santità. Di
fatto gli veniva chiesto di “perdere” l’opera cui aveva dato vita, quasi non ne
fosse più lui il padre. Per essa aveva pazientato, lavorato, sofferto, lottato…
Era la sua grande opera. E ora era come gli venisse tolta. Uomo di Dio doveva
dimostrare di essere distaccato da tutto, anche dall’opera di Dio, per Dio.
Compiendo questo passo mi è sembrato che abbia dato il tocco definito al
proprio cammino di santità: ha donato a Dio quello che aveva di più caro per
avere soltanto Dio, perché l’opera di Dio non è Dio e p. Liuzzo, tramite questa
prova, ha dimostrato che Dio è Dio: è stata l’occasione per una nuova radicale
e totale scelta di Dio.
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