Al Campo Verano mi è stato caro ricordare le parole di sant’Eugenio quando morì p. Arnoux, uno dei suoi giovani Oblati: “In paradiso sono già quattro: una gran bella comunità. Sono le prime pietre, le pietre basilari dell'edificio che si innalza nella Gerusalemme celeste; stanno dinanzi a Dio col segno distintivo della nostra Società: i voti comuni a tutti i membri, la pratica delle medesime virtù. Siamo legati ad essi coi vincoli di una particolare carità, sono ancora fratelli nostri e noi siamo i loro fratelli; ma essi abitano la casa madre, la capitale; le loro preghiere, l'amore che serbano per noi un giorno ci porteranno ad abitare con essi nel luogo del nostro riposo. Ardisco di credere che la nostra comunità di lassù deve trovarsi ben collocata vicino alla nostra Patrona; li vedo accanto a Maria Immacolata e perciò vicino a Nostro Signore Gesù Cristo che essi hanno seguito sulla terra e che contemplano gioiosamente; riceveremo la nostra parte di questa pienezza se ci rendiamo degni di loro con la fedeltà costante a quella Regola che li ha aiutati a giungere là dove sono. La loro morte santa è, a mio credere, una sanzione altissima delle nostre Regole che così ottengono un nuovo sigillo dell'approvazione divina: la porta del cielo è al termine della strada sulla quale camminiamo. C'è da andare in estasi riflettendo su questo…”.
Il 15 dicembre 1838 nel diario, annota: “... perché non benedire altamente il Signore per la grande misericordia che esercita verso di noi concedendo ai nostri il privilegio di morire da predestinati?”. Quindi chiama per nome gli ultimi partiti: “Pons, Suzanne, Marcou, Arnoux, Dumolard e tutti gli altri nostri fratelli, rispondete dall’alto del cielo! La vostra vocazione alla Congregazione degli Oblati di Maria non fu per voi il segno della vostra predestinazione? O mio Dio, che sia così di tutti coloro che militeranno sino alla fine sotto questo vessillo…”
Al termine della sua vita, dopo aver ricevuto la notizia della morte di p. Gerin, scrive ancora: “In questo modo la nostra piccola famiglia militante alimenta la nostra già numerosa comunità del cielo! Che questi cari fratelli, che Dio chiama a sé, non ci perdano di vista una volta arrivati al culmine della felicità; abbiamo un grande bisogno di assistenza e di moltiplicarci per il lavoro che si presenta da ogni parte. Dal canto nostro, non li dimentichiamo quando ci lasciano. Nel timore che qualche ostacolo si opponga alla loro entrata in cielo, li accompagniamo, senza dubbio, con il nostro dolore, ma soprattutto con i suffragi” (Diario, 22 dicembre 1860).
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