Siamo a Trastevere, il quartiere popolare sempre pieno di vita, eppure la chiesa di santa Cecilia è appartata e silenziosa, in una piazza poco frequentata dai turisti. Il portico spazioso, con giardino e fontana, è un angolo di pace. Il campanile romano, massiccio e insieme armonioso, si alza solenne da dietro la basilica. Ieri sera, festa della santa, festa sentita dai Romani, la basilica era gremita. La Cappella Sistina cantava melodie degne della patrona della musica.
Qui Cecilia aveva aperto la casa del marito, della famiglia patrizia dei Valerii, alla comunità cristiana come si usavano fare prima del riconoscimento della Chiesa, nel 313. Papa Urbano, dopo il martirio, la fece seppellire nelle catacombe di San Callisto, vicino alla cappella dei papi. Fu un altro papa, Pasquale, all’inizio dell’800, a ritrovarne il corpo incorrotto e a trasportarlo nella basilica che fece costruire in suo onore. Ancora incorrotto lo trovarono nel 1599. Grido di sorpresa all’apertura della tomba. Coricata sul fianco, come un’addormentata, era rivestita di un abito bianco borchiato d’oro, macchiata di sangue. Tre profonde piaghe alla gola le hanno quasi staccato la testa. Lo scultore Maderno è chiamato in tutta fretta, per riprodurre l’immagine: è il suo capolavoro di marmo, sotto l’altare maggiore.
Aveva sedici anni quando nel 176 i suoi genitori la diedero in sposa a Caio Valerio. Pagano, lei lo converte, lui rispetta il suo voto di verginità. Una storia incredibile, d’altri tempi, che ancora fa sognare.Nella chiesa, a destra, si apre l’andito che conduce al calidario, l’antico bagno della sua bella casa dove quando sentenziarono la sua morte perché cristiana Cecilia fu lasciata per tre giorni esposta ai vapori. Non avendola uccisa il vapore caldo, il boia deve decapitarla. La colpisce tre volte al collo (di più non si poteva, secondo la legge romana), senza riuscire a staccarlo. Cecilia rimane per tre giorni in agonia, in un bagno di sangue.
Dall’abside, su in alto, immortalata in un mosaico del IX secolo, ci benedice, assieme al Redentore, ad altri martiri (tutti con l’aureola) e con Pasquale I, che ha l’onore di aver recuperato il suo corpo nelle catacombe e di aver costruito la basilica… ma che, al posto di una aureola rotonda, deve contentarsi di una quadrata, simbolo di imperfezione… meglio di niente! Comunque il papa è sempre in buona compagnia, con la sua Cecilia, Agata e Valeriano, Pietro e Paolo. Mi accontenterei anch’io di un’aureola un sbilenca: santa Cecilia, pensaci tu.
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