10 anni fa la cittadinanza romana a Chiara Lubich. Oggi, anniversario della sua morte, in Campidoglio, in un pomeriggio intensissimo ho partecipato alla rievocazione di alcuni dei suoi momenti più belli: in USA con i musulmani, in Africa a Fontem, in Brasile con l’economia di comunione, a Roma nell’azione Roma-Amor… Numerose le testimonianze.
Due anni fa, mentre Chiara stava morendo, partii per Cuba. In aereo scrissi:
«Nessuno è mai tornato dall’al di là a dirci se il cielo esiste veramente». Quante volte abbiamo ascoltato o forse pronunciato parole simili, soggiogati dal dubbio, specie quando vediamo ricoprire di terra persone care.
É vero, nessuno è mai tornato. Ma c’è chi vi è andato! pur rimanendo tra noi. Sono i mistici, uomini e donne rapiti nell’estasi, che hanno udito e visto le cose del cielo. Chiara è una di questi.
Donna del nostro tempo è aliena da fenomeni estatici, manifestazioni esteriori, particolari languori. Eppure, figlia nel Figlio, è stata introdotta dallo Spirito nel seno del Padre. Donna di comunione ci ha resi partecipi di quanto ha visto («non con questi occhi – era solita ripetere –, ma è proprio come vedessi…»), e ci ha messo in cuore una struggente nostalgia di Paradiso.
La sua non è stata l’esperienza di una mistica solitaria e isolata. Ella ha saputo coinvolgerci in essa al punto da renderci consapevoli delle realtà più vere e profonde nelle quali siamo immersi: «Siamo tanto in Dio da essere l’intimo di Dio».
Ma se noi siamo lì, in Dio, anche chi grazie alla morte dimora lì vive qui con noi. E’ come se Chiara avesse squarciato quella impenetrabile barriera che separa cielo e terra e ristabilita la comunione, mai interrotta, tra morti e vivi: «Io li sento vicini: sento che mi aspettano».
Quali rapporti tra loro e noi? Loro sono coinvolti dalla comunione dei Tre, che vivono l’uno per l’altro, l’uno nell’altro, l’uno dell’altro. Noi possiamo vivere la stessa vita del cielo, perché Gesù l’ha portato da lassù, condensandola nel comandando dell’amore scambievole. Ed anche tra cielo e terra c’è lo stesso legame d’amore che va e che viene: «No, non sono perduti i nostri fratelli… Essi vivono nella celeste patria e, attraverso Dio, in cui sono, possiamo continuare ad amarci a vicenda». Noi li amiamo ricordandone esempi e parole, onorandone le tombe, invocandone l’aiuto. Loro ci amano standoci vicino, in-tercedendo per noi. Siamo un’unica famiglia in attesa di riunirci. «A rivederci», mi ha detto l’ultima volta che l’ho incontrata.
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