sabato 30 agosto 2025

L'oro vivo dei benedettini di Subiaco

 

Qualche mese dopo la mia visita a Subiaco, esattamente il 17 luglio 1970, anche Chiara Lubich venne al monastero di Santa Chiara. Ed ecco la sua esperienza:

“Sono stata a Subiaco per confessarmi. Non ho potuto visitare l’abbazia. Non c’era tempo. Appena entrata, sono rimasta profondamente toccata dalla carità del portiere: un fraticello anziano e zoppo che ha voluto accompagnarmi alla chiesa. In confessione però ho fatto un’esperienza unica: sono rimasta toccata sin dalle prime parole di quel santo monaco. È difficile spiegare quello che è successo, ed è anche subito detto: ho incontrato Dio. Dall’anima di quel sacerdote sembrava sgorgasse uno zampillo che aveva le sue origini sedici secoli fa in Benedetto e risaliva al costato di Cristo Salvatore. Non sarei più uscita dalla chiesa, presa da una commozione profonda.

Ho invidiato quella vita austera che ha apertamente e decisamente rotto col mondo. Adesso comprendo perché le abbazie sopravvivono coi secoli e sono eternamente moderne: ci vivono uomini che già abitano in cielo. E ti comunicano quell’atmosfera soavemente, sì da penetrarti tutta. Ho visto la nostra vita cristiana difficilissima al confronto: sempre a contatto col mondo privo di Dio, sempre nell’occasione del compromesso, perché timorosi, a volte, dell’odio che deve venire. Solo una vita interiore fortemente impegnata, tutta protesa nella volontà di Dio del momento presente, può farci sperare d’esser anche noi portatori di Dio e non di parole. Vale più un monaco che una comunità di mille persone buone non in perfetta unità, non in pieno fuoco d’amore per Dio e per gli uomini. San Benedetto può esser contento.

Ora che ho trovato l’oro vivo nei benedettini di Subiaco, se Dio vorrà, andrò un giorno a visitarvi le mura del monastero, testimoni di tanta santità”.

In questi giorni noi, a differenza di Chiara, abbiamo potuto visitare l’abazia, uno scrigno di storia e di arte, un susseguirsi di epoche e di stili, dall’età carolingia e neoclassico. Ancora una volta, a rendere vive le pietre è il monaco che ci accompagna, una guida entusiasta della sua vocazione, che ci rende attuale il carisma benedettino. Non è certamente il “santo monaco” che confessò Chiara, ma anche di lui “San Benedetto può esser contento”.



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