martedì 5 agosto 2025

Il Cantico delle creature a 800 anni

“Scrutino ed investighino pure i sapienti le altezze dei cieli, l'estensione della terra e la profondità dei mari! Disputino pure su ogni cosa, considerino tutto quanto, sia che apprendano o che insegnino. Ma cosa troveranno in questa vana occupazione se non pena, dolore e afflizione dell'animo? [...] Quell'uomo che non chiude occhio né giorno né notte non può trovare il senso di nessuna opera di Dio e per quanto si affatichi a ricercare ancor meno lo scoprirà” (De contemptu mundo, 1, XII, 1-2).

Come sono lontane queste parole da ciò che vedo qui in mezzo all’Appennino pistoiese, in mezzo a una natura così bella.

Qualche anno dopo averle scritte, Innocento III incontrò san Francesco d’Assisi che portava un soffio di aria nuova, una visione positiva del mondo e dell’uomo. Allora il suo scritto gli sarà sembrato datato, appartenente a un’epoca lontana lontana. Stava per nascere il Cantico delle creature. Quest’anno sono 800 anni da quanto san Francesco lo scrisse. 10 anni fa papa Francesco l’ha rilanciato: si canta ancora!

Sappiamo la circostanza in cui lo scrisse: dopo aver ricevuto le stigmate, quando le malattie lo assalivano da ogni lato, quando vi era dissidio tra autorità religiose e civili… Non è il canto di un ecologista alla moda, ma quello di una persona fatta una cosa sola con Cristo Crocifisso, ormai capace di guardare il mondo dalla ferita di Cristo, nella cui piaga ha preso dimora. Da lì ha lo sguardo di Cristo che vede nuove non soltanto tutte le cose, ma anche tutte le persone: nel suo Cantico c’è anche il perdono, dimensione umana dell’esistenza, che trascende le creature della natura. C’è la piena riconciliazione, anche con la morte, porta della vita. È un inno di speranza, il ritorno all’Eden di un uomo fatto nuovo dalla croce, un nuovo Adamo che ha un solo desiderio: fare tutto e tutti nuovi.

Guarderò così cose e persone che mi circondano.

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