giovedì 13 ottobre 2022

Con sant'Eugenio de Mazenod a san Silvestro al Quirinale

 

Visita alla chiesa di san Silvestro al Quirinale nell’anniversario della consacrazione episcopale di sant’Eugenio de Mazenod.

Nel XII secolo in questo luogo vi era già una chiesa. Fu completamente restaurata del 1500 grazie a Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, che la affidò ai Domenicani fiorentini. Fu allora che venne affrescata la cappella dedicata a s. Caterina da Siena, della famiglia domenicana.

In questo ambiente, attorno a Vittoria Colonna e a Michelangelo Bonarroti, si instaurò un cenacolo di rinnovamento spirituale, che faceva parte del più ampio evangelismo, e che puntava alla riforma della Chiesa.

Intanto ai Domenicani erano subentrati i Teatini. Qui visse sant’Andrea Avellino, il beato Paolo Buralli, il beato Marinoni, san Giuseppe Maria Tomasi. La chiesa era frequentata da san Carlo Borromeo e da san Filippo Neri. Nel 1801, dopo l’espulsione dei Teatini, chiesa e convento furono affidati alla Società della fede di Gesù che, fondati da Niccolò Paccarini, intendevano ricostituire la Compagnia di Gesù soppressa nel 1773. Apparteneva a questa Società anche con Bartolo Zinelli, che da Venezia venne a Roma, a san Silvestro. La Società si sciolse perché Paccarini fu accusato di vari reati. Incarcerato, riuscì a evadere, ma morì tragicamente nel 1811. Nel 1814 chiesa e convento – completamente spoglio – furono consegnati ai Vincenziani.

 Quando sant’Eugenio giunse a san Silvestro si trovò subito a casa. In alto, sull’arco che sovrasta il presbiterio, vide lo stemma… dei Missionari di Provenza. È quello dei Vincenziani, ma è uguale a quello degli Oblati. Probabilmente sant’Eugenio lo aveva visto ad Amiens nella loro casa dove per un mese aveva fatto gli esercizi spirituali in preparazione all’ordinazione sacerdotale: doveva averlo particolarmente colpito e ad esso si ispirò in seguito per lo stemma della sua Congregazione.

Si trovò a casa anche perché nella cappella del Rosario era affrescata la sua Provenza! I capolavori di Polidoro di Caravaggio e Maturino – inizio 1500 – ritraggono santa Caterina da Siena ad Avignone e santa Maria Maddalena in Provenza. Santa Caterina nel palazzo del Papa e la conversazione con Gesù e i santi ricordava a sant’Eugenio le due parti in cui era divisa la vita dei missionari, contemplazione e predicazione. Santa Maria Maddalena era la patrona della Provenza e lui tanto aveva fatto perché san Massimino – luogo in cui sono conservate le spoglie della santa – tornasse al primitivo splendore.

Ma soprattutto si trovava a casa perché c’era la tomba del suo amato Bartolo Zinelli, come scriveva a Courtès il 6 dicembre 1825: «ho pure ritrovato il ricordo, il busto e il corpo stesso sepolto in chiesa di quel santo sacerdote, di cui hai sentito parlare così spesso, il grande servo di Dio Bartolomeo Zinelli che fu mio maestro a Venezia ed è morto in odore di santità sotto questo tetto. La sua causa di beatificazione sarebbe già iniziata da gran tempo se la Società di cui era membro non fosse stata disciolta (…). Egli aveva solo virtù (…). È per me una consolazione respirare la medesima aria, offrire il santo sacrificio sugli stessi altari, pregare sulla sua tomba». La tomba non c’è più, sparita con la demolizione di parte della chiesa in seguito all’ampiamento della strada.

Non c’è nessun ricordo neppure di sant’Eugenio, della sua permanenza in questa casa, della sua ordinazione episcopale in questa chiesa. Ma la sua presenza è viva, la respiriamo come lui respirava quella di don Bartolo. È sempre una gioia vivere qualche momento qui con lui, come abbiamo fatto questo pomeriggio.

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