lunedì 18 febbraio 2019

Il legame nascosto di apa Pafnunzio



A intervalli regolari lungo la vallata compariva la lunga lenta ordinata carovana dei cammellieri che traghettava sale e spezie. Anche quella sera si accamparono vicino alla cella di apa Pfnunzio. Alcuni mercanti salirono da lui. Non gli rivolsero, come solevano fare, la domanda di rito: “Apa, dicci una parola”, che permetteva all’anziano di depositare una stilla di sapienza nel cuore di quegli uomini bruciati dal sole. Quella volta erano loro che avevano una parola per lui: “La tua venerata anziana madre, non è più”.
Era passati tanti anni da quando l’aveva lasciata al villaggio per seguire l’invito del Maestro a seguirlo. S’era fatto anziano, eppure la mamma continuava ad attenderlo, nella casa paterna, ormai divenuta casa materna. Il Signore l’aveva lasciata a lungo sulla terra perché continuasse, col suo magistero silenzioso, a insegnare alle figlie come amare i mariti, i figli e i figli dei figli, in ossequio all’insegnamento di Paolo trasmesso a Tito: “Le donne anziane si comportino in maniera degna dei credenti… sappiano insegnare il bene, per formare le giovani all’amore del marito e dei figli… siano dedite alla famiglia”.
Anche per lei, “sazia di giorni” come gli antichi patriarchi, il tempo si era computo.
L’apa pregò con gli uomini annunziatori e li confortò, capace di infondere in loro la pace che aveva in sé.

A sera lo assalì, improvviso e inatteso, un pensiero: “Non ho più casa”. La casa nella quale era vissuto al villaggio non era più la sua casa. Lo sapeva. L’aveva lasciata tanto tempo prima. Ormai la sua casa era la laura dove condivideva la vita con i sei fratelli, anche se ognuno dimorava nella sua cella. Perché allora quel “non ho più casa”? La casa si identificava con la mamma. Lei non c’era più e neppure la sua casa. Si sentì spaesato, senza più radici.
Non immaginava di essere così attaccato alla casa, lui monaco consumato negli anni, che alcuni, nonostante la sua pochezza, consideravano maestro. Quanti altri attaccamenti c’erano ancora in lui, di cui non sapeva neppure l’esistenza? Il giorno seguente sarebbe andato a deporre il suo peccato nelle mani di apa Melezio. Consapevole della sua miseria, si addormentò nella pace.

Al risveglio del mattino si prostrò davanti alla Tutta Santa e non trovò in sé attaccamento alcuno. Si era sbagliato, il suo non era un attaccamento, ma qualcosa di molto più profondo e radicato nella stessa carne, era un legame quello che aveva con la casa, un legame rimasto nascosto fino a quel momento. L’attaccamento è frutto della volontà, il legame è frutto della natura. Non l’aveva scelto lui quel vincolo, era segnato nella sua stessa carne. Da un attaccamento ci si distacca, da un legame… soltanto chi l’ha creato può scioglierlo.
Era stato Dio a legarlo alla madre e a radicarlo alla “casa”. Adesso lo aveva sciolto, rendendolo libero. Poteva correre, proteso in avanti, dimentico del passato, per afferrare Cristo, da cui era già stato afferrato.


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