sabato 1 settembre 2018

Quello che esce dal cuore


«Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uo­mo a renderlo impuro» (Mc 7, 1-8.14-15.21-23).

Scribi e farisei si sentono protetti da un ritualismo che dà sicu­rezza, da ripetizione di formule già pronte, da una tradizione in­tangibile: «Si è sempre fatto così». Si sentono a posto, si salvano da soli perché hanno compiuto il loro dovere. Eppure sapevano che Dio, per bocca del profeta Osea, aveva detto: «Voglio l’a­more e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocau­sti» (Os 6, 6).

Tu riporti ogni norma al suo contenuto più profondo. La legge ha senso soltanto se espressione dell’amore e in vista del compi­mento dell’amore. Esige creatività sempre nuova e sincerità dei gesti, così da scoprire i modi più veri per attuare un amore e un dono di sé che non possono essere sempre uguali, che domanda­no di adattarsi alle situazioni e alle persone sempre diverse. Non hai imposto la tua parola come una legge, ma l’hai deposta nel cuore dei discepoli come un seme che deve germogliare e portare frutto.

Non sei venuto a perfezionare una religione e neppure a crearne una nuova, ma a portare Dio stesso tra noi. La nostra religione è una persona, sei tu. Per questo non aspetti da noi un insieme di riti, ma una fede, il rapporto personale con te. Un rapporto autentico, sincero, fatto non di formule – «Signore, Signore» –, ma di attuazione del volere del Padre così come tu ce lo riveli e dell’amore per i fratelli, perché questo è il volere del Padre verso i suoi figli.

Anche a noi, per ritenerci giusti, non basta una liturgia ben fat­ta, andare a messa la domenica, espletare pratiche di pietà, par­tecipare a manifestazioni religiose, rispettare le tradizioni. Le parole seminate in cuore nel giorno del Signore devono fruttare lungo tutta la settimana; l’incontro avvenuto in chiesa con Dio deve protrarsi nell’incontro con gli altri negli abituali ambienti di lavoro e di vita.
Dal cuore, ossia dalla coscienza, dal centro delle decisioni e delle scelte fondamentali che guidano la nostra vita, deve fiorire la misericordia che sa perdonare le offese, l’o­nestà che non si lascia corrompere dai compromessi, il servizio che fa agli altri ciò che piacerebbe ricevere da essi, la creatività per migliorare l’ambiente di lavoro, di studio, la politica, la vita di famiglia. È quello che esce dal cuore che conta: saremo giudicati sull’amore.

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