lunedì 26 dicembre 2016

Notte di Natale in India, tra Goregaon e Banganga



Nella chiesa della parrocchia di Saint Thomas a Goregaon i cristiani del Kerala, di rito siro-malancarese, celebrano la messa di mezzanotte. Le centinaia e centinaia di cristiani di rito latino, che pregano in inglese, sono invece raccolte, nel grande campo sportivo accanto alla chiesa, a cielo aperto: il clima è piacevole.

Il campo è addobbato a festa, con un grande palco per la liturgia. Gli uomini rigorosamente con vestito scuro e cravatta, le donne con i sari più belli, ricchi di colori e luccicanti di fili d’orati. Le sedie sono rigorosamente allineate. Impressiona l’ordine, la partecipazione…
Prima della messa la corale per una mezz’ora esegue i canti di Natale, continuando poi ad accompagnare le liturgia.
Presiede il vescovo emerito Bosco Penha, circondato da concelebranti e ministranti, mentre un bel gruppo di giovani garantisce il servizio d’ordine.
Al termine i saluti, gli auguri, tè e dolci per tutti. Salutano anche me, illustre sconosciuto, eppure certamente un cristiano come loro, se sono a messa con loro.
Per un gruppo minoritario come quello dei cristiani è fondamentale vivere con intensità e partecipazione la festa, mentre tutto attorno la vita continua ignorando la realtà del Natale.
Fuori, sulla strada, i venditori di palloncini colorati danno l’ultimo tocco alla festa.


Il giorno di Natale termina, sempre di notte, in un altro tempio, questa volta indù. Un tempio antico, sorto mille anni fa, anche se, secondo la leggenda, sarebbe ancora molto più antico, perdendosi nei tempi mitici, quando il dio Rama, passando da quelle parti per andare in Sri Lanka a cercare la moglie rapita, ebbe sete. Il fedele scudiero scoccò una frecce che, conficcatasi a terra, aprì una sorgente d’acqua del Gange. Attorno alla piscina di Banganga (la freccia del Gange) nacque il tempio.
Giungo in questa area sacra, dopo essere sceso lungo scalinate ripide circondate da minuscoli templi. Mi trovo d’improvviso fuori dal tempo e lontano miglia miglia dalla zone più lussuosa di Mumbai che pure circonda il tempio con i suoi grattacieli. Sulle gradinate che scendono all’acqua della vasta piscina rettangolare i bambini si rincorrono giocando e gridando, mentre le donne lavano i più piccoli e puliscono l’ingresso delle minuscole abitazioni per prepararsi alla notte; una campana rintocca a distesa chiamando forse all’adorazione… Mi avvicino a un gruppo di giovani che suona il tamburo, e mi fermo a parlare con loro, che ora cantano per me le sacre melodie.

I suoni gradatamente si attutiscono e, pur presenti, lascino la sensazione di un profondo silenzio. È come essere avvolti da una presenza. Cupole e guglie s’alzano intorno a segnare un tempio diffuso che amalgama microscopici case e negozi, posati in maniera disordinata sul sentiero che circonda l’area sacra. Le porte si aprono su stanze con statue di Shiva, su letti adagiati all’entrata, su fornelli che preparano la cena.
Un grande abbraccio tra cose e persone che tutto avvolge nel sacro. È l’India.


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