Callistus, superiore dello scolaticato; Sixtus, diacono; Zaba, vice provinciale |
Celebriamo la festa dell’Ascensione. Condivido la gioia dei discepoli: avevano scoperto che Gesù saliva al cielo per essere presente ovunque e sempre. La presenza delle tre donne della cucina trasforma la nostra Messa in una celebrazione solenne: assieme a p. Silvester cantano in zulu a quattro voci! A colazione, prima della nostra partenza, danzano e cantano agitando i soldi che abbiamo dato loro in mancia. La sessione di studio è terminata. Mi pare possiamo essere contenti, abbiamo fatto un bel lavoro.
Mi sposto allo scolasticato, a cui è annesso l’Istituto teologico. 46 gli studenti oblati, provenienti, oltre che dal Sud Africa, dallo Zambia, Zimbabwe, Namibia, Kenia, Cameroun, Nigeria, Congo Brazaville. Una fucina di missionari. È l’occasione per visitare la biblioteca, moderna e luminosa (qui come altrove cuore dell’istituzione) come pure gli archivi, ricchi di documenti e conservati alla perfezione. Vi è racchiusa tutta la storia missionaria del Sud Africa.
Nel pomeriggio, cambio di scena. P. Zaba, vice provinciale, mi fa uscire dal mondo tutto particolare nel quale ho vissuto in questi giorni e mi guida su e giù per le colline attorno a Pietermaritzburg, nei quartieri dove vive la gente. Mi porta a casa della sua famiglia. Il papà è seduto su una panca contro il muro a prendere il sole caldo che ha cacciato via il freddo della notte e della mattina. I nipotini giocano e si vestono appena ci vedono arrivare. Il più piccolino piange vedendo l’uomo bianco. Il nonno aveva tanti capi di bestiame, piccolo e grande, e Zaba lo portava a pascolo nei campi. I soldi qua non si mettono in banca, ma si investono in bestiame.
Zaba mi porta poi nella scuola costruita dagli Oblati, dove ha frequentato le elementari. È ancora piena di bambini, anche se le lezioni sono terminate. Alcuni si sono avviati a piedi, altri attendono qualche automobile che li porti nei borghi più lontani. Ne vedo caricare una quindicina su un’auto normale… tanto sono piccoli! Un gruppo delle ragazze più grandi è ancora dentro e si prepara, con canti indiavolati e movimenti ritmati, ad una gara che si terrà presto in città. C’è anche una piccola mandria di mucche che pascola nel cortine.
Zaba mi porta poi nella scuola costruita dagli Oblati, dove ha frequentato le elementari. È ancora piena di bambini, anche se le lezioni sono terminate. Alcuni si sono avviati a piedi, altri attendono qualche automobile che li porti nei borghi più lontani. Ne vedo caricare una quindicina su un’auto normale… tanto sono piccoli! Un gruppo delle ragazze più grandi è ancora dentro e si prepara, con canti indiavolati e movimenti ritmati, ad una gara che si terrà presto in città. C’è anche una piccola mandria di mucche che pascola nel cortine.
Poi Zaba andò alle medie e alle superiori, tenute da altri religiosi, ma gli Oblati non gli si cancellarono dal cuore. Gli piaceva soprattutto come lavoravano con la gente: erano subito presenti in una famiglia quando qualcuno stava male; insegnavano come coltivare gli orti, aprivano scuole e centri di incontro, aiutavano in tutti i modi. “Mi piacerebbe aiutare la mia gente come fanno loro”, si diceva, ma erano tutti francesi, irlandesi, italiani, tedeschi… Quando in parrocchia arrivò un Oblato zulu per Zaba fu una festa: anche lui, zulu, sarebbe potuto diventare Oblato.
Spostandomi da una parte all’altra rimango incantato da quanto vedo attorno. Le macchine sono poche, tanta invece la gente che cammina, ma anche le mucche e le capre che brucano liberamente ai bordi delle strade. Spessi calzini colorati spuntano dagli abitoni lunghi delle donne, in testa i foulard o i cappelli di lana: delle matrone. I ragazzini giocano a pallone. Dove c’è una pompa dell’acqua alcuni riempiono le taniche, altri si lavano. Una dopo l’altra, con normalità, si alternano case di fango, di cantoni in cemento, belle villette… L’unica lingua che si parla è lo zulu.
“Vedi quella chiesa? L’hanno costruita gli Oblati, ora è tenuta da preti diocesani”. “Vedi quella scuola? L’hanno costruita gli Oblati”. “Vedi questo quartiere che si distende a perdita d’occhio? È diviso in una parte di gente nera e povera e da una parte di gente bianca e benestante. È stata la mia prima parrocchia e c’è una collaborazione strettissima tra popolazione nera e bianca”. Visitiamo un’altra delle nostre parrocchie. Anche qui una scuola accanto alla chiesa. Gli Oblati, zulu, ci accolgono con semplicità e fraternità.
Ultima tappa della serata: il postulandato. E qui rientriamo nel mondo più raffinato degli studi. Ci sono sei simpaticissimi giovani che si stanno preparato al noviziato. Con loro, tra gli altri, il vecchio padre John, irlandese, qui da sempre: è stato provinciale, superiore dello scolasticato, un padre per tutti. In questa casa coloniale, in un bel parco, negli anni Quaranta è iniziato lo scolasticato poi trasferitosi nell’attuale sede che ho visitato al mattino.
È ormai buio quanto arrivo nella casa dei professori dove passerò la notte. Mi aspetta u n bel camino acceso con un fuoco vivo. La via lattea è carica di stelle all’inverosimile. Al centro vi brilla la Croce del Sud, punto di riferimento per l’emisfero sud… spero lo sia anche per me.
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