sabato 4 giugno 2011

Viaggio in Sud Africa / 8 – La storia di Saturnino

L'ingresso del porto di Durban visto della penisola dove sorge
la parrocchia di san Francesco Saverio
La parrocchia di san Francesco Saverio
La casa oblata dove sono stato alloggiato a Durban è intitolata a Giovanni Battista Sabon, il primo parroco della città. Quando arrivò con il primo gruppo di Oblati nel 1852 andò con gli altri Pietermaritzburg, che, allora come oggi, era la capitale del Natal e quindi sarebbe dovuta essere anche la sede della diocesi (Roma poi si sbagliò e credendo che Durban fosse la capitale, perché città più grande e importante, nominò Jolivet, successore di Allard, vescovo di Durban). Si era offerto volontario per la nuova missione, in quanto si considerava “esperto dell’Africa” perché era stato per un anno in Algeria (chiama e rispondi!). Aveva 33 anni. Tra il fatto che si ammalò subito, e che non sapeva una parola di inglese e quindi non poteva svolgere nessun ministero perché i pochi cattolici erano di lingua inglese (di zulu nemmeno a parlarne), calò giù a piccolo. Il vescovo lo mandò allora a Durban. Peggio che mai. Non soltanto era solo, ma non riusciva neppure a imparare l’inglese. Ancora più giù. Almeno era diventato il primo parroco di quella che sarà presto la grande Durban; magra consolazione perché allora era poco più di un paesotto. Poco dopo, a partire dal 1855, arrivano migliaia di Indiani, portati dagli Inglesi, per lavorare alla coltivazione della canna da zucchero. Sabon si rivolse subito verso di loro e, lui che non riusciva nell’inglese, imparò subito il Tamil.
Il porto conobbe uno sviluppo economico considerevole che fece di questa città la vera capitale economica del Natal. Sabon divenne una persona stimatissima e amata da tutti! Quando morì nel 1885 i funerali furono una apoteosi; era diventato una leggenda. Mai impaurirsi delle difficoltà e degli insuccessi…
Padre Alessandro Baudry
Oggi mi sono dedicato a conoscere alcune delle numerose parrocchie e missioni degli Oblati in Durban: l’Assunta, Sant’Anna… Che città! Anglofona, liberale, zulu e indiana, con una forte presenza musulmana, durante tutto il XX secolo, ha eclissato tutte le sue rivali dell'Africa sub-sahariana per diventare il più grande porto del subcontinente e una delle principali destinazione turistica. Negli anni 90 ha soppiantato Città del Capo come seconda città più grande dell'Africa meridionale in numero di abitanti, dopo Johannesburg.

Mi ha colpito particolarmente la parrocchia di San Francesco Saverio. Ma devo raccontare prima di tutto la storia di Saturnino.
Ragazzi della parrocchia di Cristo Re
Era nato in Mozambico. Da giovane era andato in cerca di lavoro a Inhambane ed era stato impiegato come sacrestano da un prete cattolico che gli aveva insegnato a leggere e a scrivere, cosa rara allora per un ragazzo nero. Per sfuggire l’epidemia di febbre venne a sud, con la sua bibbia in portoghese e si fermò sulla lingua di terra che forma il porto di Durban. Comprò una barca, divenne pescatore e mise su famiglia. Un anno dopo arrivarono sulla penisola 143 schiavi catturati dagli Arabi i Zanzibar e liberati da una neve britannica. Saturnino, d’accordo con il parroco della città, p. Sabon, comincia a insegnare catechismo. A mano a mano che i nuovi arrivati si convertono li porta in barca da p. Sabon che li battezza. Padre Alessandro Baudry, che aiuta p. Sabon, va a visitare spesso quei poveri pescatori, apre una missione con loro, poi costruisce una cappella, poi una chiesa più grande… Nel 1918 Saturnino è ormai anziano, ha fatto nascere la comunità cristiana, l’ha guidata, è stato un uomo capace di consigliare e riconciliare… Ora sente che la sua missione è terminata e torna a Inhambane, dove morirà in pace cinque anni dopo.
Oggi c’è una bella chiesa moderna, ad anfiteatro, aperta sull’oceano; dai banchi si vedono le onde del mare…

La parrocchia di Cristo Re è la più grande di tutta la diocesi, in un quartiere povero, con case popolari. Il lavoro ruota attorno alla raffineria e alle industrie siderurgiche, ma c’è tanta disoccupazione, droga, violenza. Eppure la comunità cristiana è vivissima. Arrivo e stanno celebrando un funerale. Da noi bianchi ci vestiamo di nero e usiamo il carro funebre nero. Qui naturalmente, essendo neri, si vestono e bianco e affittano tutte macchine bianche, compresa la limousine per la bara.
Il Cristo della chiesa di S. Franesco Saverio
Alla chiesa di sant’Anna si celebra invece un matrimonio… E trovo un oblato amico di vecchia data, Michel Foley.

In questo mese di giugno, dedicato al Cuore di Gesù, mi è arrivato un bellissimo testo famoso di Chiara: “Cuore chiama cuore, «Cuore per cuore»… Il che significa che il mio cuore deve vivere con una meticolosità estrema il perdere assoluto per far spazio completo allo Spirito Santo che solo può in me amare degnamente il Cuore di Gesù…
Dunque, perdere tutto, sempre e soprattutto le cose più belle e più sante… [anche le persone] che pur legittimamente potrei amare. No. Il mio cuore è già dato, appartiene ad un altro cuore... 
Che il Cuore di Gesù fornace ardente di carità mi mantenga questo cuore al calore del Suo ed il mio cuore sia lo scrigno che contiene quest’unico prezioso nettare: l’amore; sì, l’amore, quello di chi è da Dio innamorato di Dio”. 

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