A volte ho l’impressione che più si allargano gli orizzonti del mondo - grazie ai viaggi, ai mezzi di comunicazione, a internet… - più cresce la tendenza all’autoreferenzialità: il mio Paese, il mio partito, la mia squadra di calcio... Il cerchio si rimpicciolisce sempre più fino a ridursi a ciò che penso io, a “me”. Il resto non conta, o meglio, è filtrato dalle mie convinzioni, unico criterio di verità e di giudizio - insindacabile. Ci strozziamo con le nostre stesse mani.
La scelta di Benedetto XVI di dedicare alla preghiera una nuova serie dei famosi discorsi del mercoledì, mi sembra un antidoto contro questa tendenza. Si potrebbe avere l’impressione contraria. Cosa più della preghiera, verrebbe da dire, porta al ripiegamento su stessi, a mettere al centro il proprio io? Non è forse la preghiera una sublime introspezione che rinsalda le convinzioni personali? Non lo è la preghiera cristiana. Il papa ha iniziato le sue conversazioni richiamando il racconto biblico della lotta di Giacobbe con l’angelo, quasi icona del rapporto con Dio: una lotta, un corpo a corpo da cui non si esce indenni, anzi sconvolti (nel caso di Giacobbe con un nervo a pezzi che lo farà zoppicare per tutta la vita). La preghiera non porta dentro, porta fuori: è un dialogo, un confronto che relativizza se stessi, aprendo verso nuove ragioni, nuovi modi di vedere, quelli dell’altro.
Va da sé che ponendoci a tu per tu con Dio, la preghiera (a condizione che sia sincera!) rimettere in discussione il nostro punto di vista, che si trova a vacillare davanti alla forza stringente e stravolgente del Vangelo. Eppure essa ha la capacità di ridimensionarci anche davanti agli altri. Il segno di croce prima del pasto non è soltanto un grazie a Dio per il “pane quotidiano”; quell’attimo di distanziamento dall’istinto animalesco del mangiare, umanizza il pane che ho davanti e mi fa pensare che proviene da Dio ma anche dal fornaio, dal contadino… Il segno di croce che faccio quando parte l’aereo non è soltanto un affidamento a Dio (mai un atto scaramantico!), è un atto di fiducia anche nel pilota, nel controllore di volo, nel tecnico della manutenzione, e di ringraziamento per chi ha pulito i sedili, per gli assistenti di volo…
L’orizzonte torna ad allargarsi e introduce nel mondo dell’io nuovi criteri di lettura, quelli evangelici, ma anche nuove persone, suscita nuove relazioni, apre a nuove prospettive nel leggere situazioni e problemi. La preghiera mi rende consapevole del punto di vista dell’Altro… e degli altri.
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