11 giugno 2011
Se il museo dei Voortrekker a Pretoria mostra la storia dolorosa e gloriosa degli Afrikans, il museo dell’Apartheid che oggi ho visitato a Johannesburg testimonia il martirio dei popolo nero oppresso da quegli Afrikans, a loro volta oppressi. Le foto, i documenti, i filmati si imprimono dentro e fanno rivivere quel tempo a noi così vicino. Mi colpiscono le parole chiave scolpite all’ingresso, quasi pilastri del nuovo Sud Africa: Democrazia, Uguaglianza, Riconciliazione, Diverdità, Responsabilità, Rispetto, Libertà. Mi viene in mente un terzo museo, quello dell’Olocausto a Gerusalemme. Presto ci sarà il museo dei Palestinesi, come ci sono quelli degli indios in Sud America… Ogni popolo ha le tragedie e le sue storie di sofferenza da raccontare. Occorrerebbe che ogni popolo le raccontasse in sinossi con quelle degli altri; ognuno, di volta in volta, apparirebbe oppresso e oppressore. Come rompere la spirale dell’odio e della violenza?
Il passaggio dal museo dell’Apartheid all’incontro con la nostra gente in focolare è troppo stridente. Entro in tutto un altro mondo dove la logica è quella dell’amore reciproco. Non c’è altra via per cambiare i rapporti non soltanto personali ma sociali.
Mi trovo anche un piccolo simpatico chierichetto!
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