martedì 21 ottobre 2025

Preghiera di una foglia che muore

L'acero, qua fuori della mia finestra, sta lasciando cadere le foglie. Ai suoi piedi ne ha un manto. Ogni foglia che cade dice:

Io sono fragile, Lui è resistente.
Io sono debole, Lui è forte.
Io passo, Lui rimane.
Io muoio, Lui vive.
Io sono contingente, Lui è stabile.
Lui mi rende forte e resistente, stabile.
Lui mi fa vivere e rimanere.
Io nulla, in Lui Tutto, sono tutto.

Ho scritto questa “preghiera” questa mattina, e poco dopo mi imbatto in questi due testi di sant’Eugenio:

Tutto ciò che esiste è fatto per portare l'uomo a Dio, e il Creatore diede occhi all'uomo, affinché ammirando un'opera così bella, glorificasse il sublime Architetto. Interprete della natura muta, ricevette una lingua per cantare le lodi del Creatore, per benedirlo in suo nome e in nome di ciò che non ha voce. Il cantico dei tre giovani fanciulli Ebrei nella fornace ci insegna che deve essere così; e l'uomo deve rendere al Creatore l'omaggio che la formica e il verme non mancherebbero di rendergli, se, come lui, avessero ricevuto ciò che è necessario per rendere questo dovere indispensabile al Creatore.

C'è forse qualcosa di più gioioso dei campi, di più ricco della natura, soprattutto quando un'anima tanto religiosa quanto sensibile scopre lì, sotto ogni foglia e sull'ala di ogni atomo, il grande nome dell'Eterno? E il cristiano che va oltre, emerge da questa specie di rapimento per abbandonarsi a tutti i trasporti dell'amore e della gratitudine, pensando che questo Dio onnipotente che ha creato tutte queste meraviglie giocando, “ludens in orbe terrarum”, si è avvicinato all'uomo, all'uomo confuso e perso nella mera contemplazione della più piccola delle sue opere, per conversare con lui, per istruirlo, per dirigerlo, per unirsi a lui nell'intimità dell'amore più incomprensibile, per fonderlo in qualche modo nel suo essere e per portarlo via per condividere la sua gloria. Oh Dio! Oh Dio! e la maggior parte degli uomini vive senza pensarci…

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