venerdì 6 giugno 2025

Nel vivo della missione in Sud Africa

 


Giornata intensissima. Iniziamo con una breve visita alla cattedrale di Mariannhill. 

Poi Durban, la grande città. Con i suoi più di 3 milioni di abitanti, si distende lungo la grande baia, uno dei più grandi porti naturali. Moderna, ricchissima… eppure con tante sacche di povertà: persone che vivono per strada, mercatini della miseria. Il contrasto è sottolineato dalle inferriate, i fili spinati, i fili di corrente elettrica per proteggere le varie proprietà… Eppure è affascinante!

Andiamo dritti alla cattedrale, costruita dal secondo vescovo della diocesi, Oblato come il primo. Tutti i vescovi di Durban sono stati Oblati, fino a Mons. Denis Eugene Hurley, che si ritirò nel 1992, dopo una cinquantina di anni di episcopato. Aveva guidato la Chiesa del Sud Africa, come presidente della conferenza episcopale negli anni esaltanti del Concilio Vaticano II e in quelli drammatici dell’Apartheid. Nella cattedrale c’è anche una vetrata con Santa Caterina de Ricci (qui con una sola “c”).

Nella piazza della cattedrale la tomba degli Oblati: alcuni notissimi, altri completamente sconosciuti, eppure tutti a servizio della medesima causa e ognuno indispensabile per la costruzione del Regno di Dio.



Accanto il grande Centro Denis Eugene Hurley che mantiene viva la memoria del grande vescovo, con una bella mostra, ma soprattutto con conduzione di molte iniziative per i poveri.



Una visita anche a una delle cinque parrocchie degli Oblati in città: bella, ordinata, con tanto verde attorno…



Il momento più bello è la visita alla comunità dei nostri Oblati anziani: una vita per la missione!






Nel pomeriggio dal livello del mare saliamo a 1000 metri, fino a Pietermaritzburg, la capitale della provincia di Kwa-Natal. Una grande bella città, che conserva ancora tante costruzioni in mattoni nello stile coloniale. Una città moderna, piena di vita, molto estesa.



Quando vi arrivarono gli Oblati con mons. Allard, salendo dal porto di Duban con i carri tirati dai buoi, somigliava più a un villaggio che a una città. L’acqua per bere e per l’irrigazione, correva ai lati della strada in canaletti scoperti. Le baracche erano adagiate su grandi prati con le mucche al pascolo. Per prima cosa costruirono la cappella e dato che Allard era vescovo, la cappella fu subito cattedrale. Quando, poco dopo arrivò p. Giuseppe Gerard, che era ancora diacono, vi fu ordinato sacerdote. La “cattedrale” è stata ricostruita due volte, in luoghi vicini, ma l’antica cappella è ancora lì.



Vi sono dei bei quadri che narrano la vita del beato Gerard. Uno in particolare mi ha colpito: lui che prega e che fa pregare la gente. L’avevano soprannominato “Ramehlolo”, il padre dei miracoli, perché la sua preghiera era così intensa e sincera che davvero faceva miracoli. Ho la gioia di presiedere la Messa e di raccontare la mia esperienza sulle orme di p. Gérard.

Infine l’Istituto St. Joseph e lo scolasticato oblato a Cedara. Nel 1943, dopo quasi 100 anni dal loro arrivo in Sud Africa, gli Oblati decisero di aprire il seminario di teologia. O meglio, vi furono costretti dalla guerra: fino ad allora mandavano gli scolastici in Lesotho, Francia, Irlanda, Sri Lanka, Roma, ma ora non potevano più mandarli all’estero. Dopo varie peregrinazioni, nel 1953 lo scolasticato trovò la sua residenza finale a Cedara, in aperta campagna, lontano dagli occhi della polizia, perché allora non potevano abitare insieme bianchi e neri. Ma ai neri era comunque proibito accedere allo scolasticato, poi piano piano…

Nel 1990 ci fu la separazione tra la comunità dello scolasticato e l’istituzione accademica. Nel 1981 vi era già stata l’affiliazione all’Università Urbaniana di Roma. Nel 2004 distacco dall’Urbaniana e inserimento nel sistema nazionale universitario del governo sudafricano.

Il nostro Istituto fa parte di un gruppo di istituti e dell’Università di KwaZulu-Natal presenti sul territorio, di varie denominazioni e Chiesa, uniti in molti progetti di studio e pubblicazioni.

43 gli studenti oblati, provenienti, oltre che dal Sud Africa, dallo Zambia, Zimbabwe, Namibia, Kenia, Cameroun, Nigeria, Congo Brazaville. Una fucina di missionari.

Guardo la foto degli scolastici del 1971. In alto a sinistra Frank Santucci, che fra un mese sarà mio superiore alla casa generalizia. Non c’è neppure un nero.





Oggi, su 43 studenti uno solo è bianco. È il cammino della Chiesa…

Adesso potrei anche tornare in Italia…

 

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