13 giugno, sant’Antonio da Padova. Questo sì che è un santo! Eppure anche santi i santi “minori” non sono meso santi. Come quello che abbiamo celebrato oggi, il beato Giuseppe Cebula.
Una persona poco appariscente, ma con
tanto coraggio. Quando le truppe naziste invadono la Polonia non gli è più
consentito vivere in comunità ed esercitare il suo sacerdozio. Di giorno lavora
come semplice bracciante; di notte celebra la Messa; in segreto, porta conforto
ai morenti, benedice i matrimoni e battezza i neonati... Nel febbraio del 1941,
gli viene categoricamente proibito qualsiasi ministero sacerdotale. Nonostante
ciò, celebrava il Santo Sacrificio della Messa ogni giorno a mezzanotte nella
rimessa della fattoria o spesso persino in cantina, assistito da un fratello
oblato. Il 2 aprile, dopo aver celebrato la Messa a mezzanotte, si rivolge al
fratello che gli era sempre rimasto fedele: “Oggi ho celebrato la mia offerta a
Dio per l'ultima volta…”. Durante il pranzo, la polizia irrompe e lo porta in
campo di concentramento. Le percorse, le umiliazioni, le torture sono
indicibili. Non riesce neppure a mangiare, a salire sul letto. “Non avrei mai
immaginato che la cattiveria umana giungesse a tanto”, esclama. Poi gli sparano
e lo bruciano nel forno crematorio…
Pochi anni prima aveva scritto alla famiglia: “Il nostro
patire dura poco. Ciò che più importa è trarne beneficio. Dobbiamo
sottometterci alla volontà di Dio, convinti che è Dio che permette la malattia
e la morte. Egli è il Signore ed egli fa quello che vuole e come vuole».
Nessun commento:
Posta un commento