C’è una espressione meravigliosa che forse sintetizza la
vita di p. Gérard. Quando, dopo vent’anni di ministero, lasciò la missione di
santa Monica per tornare a Roma, nel villaggio della Madre di Gesù, le persone
lo supplicavano: «Portaci sempre nel tuo tarì». Il tarì, la coperta o la
stoffa di lana o la pelliccia che avvolge il bambino dietro le spalle della
mamma. Ognuno avrebbe voluto essere avvolto e protetto dalla tenerezza materna
di p. Gérard. Anch’io…
Espressiva, al riguardo, una delle tante immagini naïve di
p. Gérard, quella che sta sulla sua tomba.
Lavoratore instancabile, sapeva dedicare tanto tempo alla
preghiera. La gente diceva: «Il p. Gérard parla con Dio, vede Dio; ma certo non
vuol dircelo. Quando prega è come se mangiasse miele».
Lui invece diceva di sé «C’è un abisso tra me e Gesù. Le mie
deficienze sono incolmabili, la mia vita è nulla, nullo il mio ministero: il
demonio ride. Quante anime abbandonate… È tanto tempo che vorrei cambiar vita,
convertirmi: dico sempre: domani… Ma oggi dico finalmente: Adesso incomincio»
Il capo del distretto, Alexandre Maama, il giorno dei
funerali, affermava: «Veramente il P. Gerard era un uomo straordinario, un uomo
che non si risparmiava nel lavoro, un uomo che trattava allo stesso modo il
Capo e il povero, un uomo che sembrava si nutrisse unicamente di preghiera.
Egli entrava nelle case dove anche noi Basotho abbiamo
difficoltà ad entrare a causa della sporcizia. Lo si trovava inginocchiato
vicino al malato, mentre pregava ed esortava, parlando del Signore. In una
parola io posso affermare: il Padre si nutriva di preghiera, e se questa fosse
stata commestibile da tempo egli l'avrebbe fatta mangiare a noi Basotho!».
Louis Qoblosheane ha testimoniato: «Egli era un uomo di
preghiera: pregava in Chiesa quando si trovava alla Missione, pregava a cavallo
durante i viaggi, pregava nelle case della gente». E Antoine Maine: «Il Padre
Gerard non si stancava mai di pregare; potremmo dire che egli vivesse di
preghiera. Aveva sempre in mano il Rosario e non lo abbandonava mai».
Soprattutto negli ultimi anni della sua vita la preghiera
diventa la sua occupazione principale.
Nel 1890 scriveva: «La preghiera è intimità con Cristo. “La
condurrò nella solitudine e parlerò al suo cuore” (Os 2,14). È il Signore che
parla così alle nostre anime. Che grazia grande. Sì, nel ritiro il Signore
parla a cuore a cuore con ognuno di noi. Che intimità! Quante cose ha da dirci
il Bene delle nostre anime, il vero Amico delle nostre anime… È importante
restare in ascolto della sua voce. Ci parlerà della nostra salvezza e della
salvezza delle anime che Lui ci ha affidato. Vorrà che ciascuna di esse ci
passi sotto gli occhi, ragazzi, adulti, anziani, vecchi. Mi domanderà quanta
cura ho per loro, se nella catechesi le nutro con il latte della dottrina, se
le incoraggio, se mi sono sforzato di renderle pure e sante, se le ho guarite
con il sacramento della penitenza, se le ho nutrite dell’Eucaristia, se la mia
sollecitudine si estende a tutti: ai deboli, ai forti, ai vicini, ai lontani».
All’ingresso degli Archivi oblati mi mostrano la
raffigurazione di un albero: la crescita delle missioni in Lesotho. Tutto
comincia con la prima missione di Roma, alla base dell’albero, missione che si
è moltiplicata di ramo in ramo… È il frutto tangibile della preghiera che p.
Gérard innalzava al cielo…
Grazie, Signore, per l'incontro con p. Gerard! Caro p. Gerard, porta anche me nel tuo tarí!
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