lunedì 7 febbraio 2011

La mani forti di Dio, tra Crociate e Jihad


Un anno dopo aver alloggiato Francesco d’Assisi nel suo ospizio per pellegrini, Giovanni de Matha fece adornare il portale dell’ospedale con un mosaico ispirato alla visione che aveva avuto il giorno della sua prima messa: un angelo che posava le mani sul capo di due schiavi, un cristiano e un musulmano, a indicargli che avrebbe dovuto dedicarsi al riscatto dei prigionieri. Nel mosaico non è più raffigurato un angelo, ma lo stesso Signore, maestoso della gloria (lo sfondo oro del cielo e il trono regale), ma nello stesso tempo con le mani sulla terra.
Sono le sue mani che mi hanno colpito. Con esse afferra i due schiavi per i polsi, con una forza tale che sembra stritolarli. Gesù nel Vangelo aveva parlato di sé come di un uomo forte, capace di vincere l’avversario e di spogliarlo della sua armatura. E qui nel mosaico si mostra forte, energico nel rompere ogni catena e nel liberare da ogni prigionia e schiavitù. Non è di questo Gesù forte che abbiamo bisogno? Almeno io ne ho bisogno.
E poi non ti sembra sbalorditivo che tratti alla pari il cristiano e il musulmano, il bianco e il nero? Eravamo al tempo delle Crociate, la guerra santa dei cristiani. Dall’altra parte c’era la Jihad, la guerra santa dei musulmani. E c’erano cristiani fatti prigionieri e schiavi dei mori e musulmani fatti prigionieri e schiavi dei cristiani. Gesù avrebbe dovuto stare dalla parte dei cristiani. Invece per lui sono tutti figli suoi. Ecumenismo, dialogo interreligioso e integrazione etnica ante litteram. Per lui non c’è distinzione  tra cristiani e musulmani, bianchi e neri… Perché non ci prendiamo questo mosaico come programma per il nostro tempo?



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