Il 25 febbraio 1826 una Congregazione di cardinali si riunì nel palazzo Albertoni per discutere sulle Regole degli Oblati. Quella mattina Eugenio de Mazenod celebrò presto la messa e andò al palazzo chiedendo al portiere di avvisarlo quando la riunione sarebbe terminata. Lui avrebbe aspettato nella chiesa di fronte, santa Maria in Campitelli. Era venuto a Roma mesi prima per chiedere al papa l’approvazione e quella mattinata sarebbe stata decisiva: se i cardinali avessero dato parere positivo, il papa l’avrebbe certamente approvata.
Come capita, si dimenticarono di chiamarlo, così Eugenio se ne stette tranquillo in chiesa tutta la mattinata, «per cui – come scrive lui stesso – ebbi la comodità di ascoltare nove messe. Essendo però entrato in chiesa ben determinato ad aspettare, non mi sono annoiato per niente: mi trovavo così bene dentro questa bella chiesa, occupato come bisognerebbe poterlo essere sempre. Tuttavia quando mi accorsi dell'impossibilità che i cardinali avessero protratto così a lungo la riunione, venni fuori: era l'una. Infatti erano andati via da più di un'ora».Perché ogni anno gli Oblati, in questo giorno, vengono a celebrare la messa in questa bella chiesa? Anche oggi eravamo tutti lì, con grande aria di festa… Non tanto per ringraziare Dio della loro approvazione, cosa che faremo il 17 febbraio, giorno in cui l’approvazione fu data dal Papa.
Veniamo qui perché Eugenio vi ha pregato tutta la mattinata con “comodità”. Ci fa bene ricordare l’importanza della preghiera, e della preghiera come la faceva lui, un parlare con fiducia filiale, come se Gesù fosse proprio lì accanto, come in effetti lo è. Lui stesso ci ha raccontato come pregava in quei giorni: «Devo anche confessare che se non avevo mai pregato tanto, mai nemmeno avevo pregato con tanta letizia interiore, frutto di una fiducia assoluta ma filiale fino a parlare con Nostro Signore, come oso pensare che l'avrei fatto se avessi avuto la fortuna di vivere quando passò su questa terra... Specialmente al momento della comunione, quando il nostro divin Salvatore è lì per darci la prova più grande di amore, ero portato ad abbandonarmi ai sentimenti che la sua divina presenza e l'immensa sua misericordia in questi istanti preziosi ispirava alla mia povera anima, sentimenti mai provati più intensamente mentre non vedevo respinto un peccatore come me».
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