In piazza san Giovanni in Laterano Giovanni di Matha incontrò un pellegrino povero che attendeva di essere ricevuto del Papa. Lo invitò a riposare e rifocillarsi nel suo ospedale presso l'Arco di Dolabella sul Celio: una lunghissima corsia illuminata da ventisei finestre. Correva l’anno 1209. Questa mattina, in 10 minuti a piedi, ho ripercorso il tragitto che fecero assieme san Giovanni di Matha e san Francesco d’Assisi. Dell’antico ospedale, dove venivano ospitati e curati i poveri, i pellegrini e gli schiavi riscattati, rimane soltanto il grande portale marmoreo con la famosa edicola che racchiude l'emblema a mosaico dell'Ordine dei Trinitari sormontato da una croce: Cristo in trono con ai lati due schiavi liberati, uno bianco e uno nero.
Accanto, l'Arco di Dolabella, che probabilmente costituiva la porta Celimontana delle mura Repubblicane del IV secolo a.C., poi utilizzato, in epoca neroniana, come sostegno per farvi passare sopra l'acquedotto dell'acqua Claudia.
In un pilone dell'acquedotto, proprio sopra l’arco, fu ricavata la cella, oggi trasformata in oratorio, dove s. Giovanni de Matha, abitò e nella quale si spense il 17 dicembre 1213.
Sono salito fin lassù. Ho ricordato i miei amici Trinitari di Roma, di Vienna, del Madagascar… e ho pregato san Giovanni, che liberava gli schiavi, di liberarci dalle nuove schiavitù di oggi: droga, prostituzione, bambini soldati, a volte internet, il potere, i soldi…
Com’è bella la Roma “carismatica”, quella dei santi. Guardata con i loro occhi ha un altro sapore.
Sono rimasto particolarmente colpito dal mosaico con Cristo in trono. Ma di questo, domani.
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