mercoledì 18 maggio 2022

Suggestioni di un viaggio tra scritti scelti di Chiara Lubich

Nell'Aula Magna ex Istituto di Scienze Religiose di Oristano, ed in collegamento streaming, è stata presentata l’edizione critica del libro “Meditazioni”.

La parte più consistente dello studio riguarda l’apparato critico, che annota le varianti che si susseguono attraverso le 29 edizioni: vengono proposte in maniera dettagliata e accurata, testo per testo, per ognuna delle 58 “meditazioni” che compongono l’opera.

A prima vita potrà sembrare arido. Interessa soltanto qualche erudito? Niente affatto. Si possono scoprire con sorpresa universi impensati. È come leggere un thriller. Le varianti, specialmente per i testi più antichi, del 1949-1951, lasciano intuire storie personali sofferte, confronti problematici con l’ambiente ecclesiale del tempo, richieste di adattamenti per una scrittura che oggi diremmo politically correct, adattamento a un diverso pubblico…

Possiamo rilevare innanzitutto un processo di spersonalizzazione nell’intento di universalizzare un’esperienza vissuta in prima persona dall’autrice. Appare evidente, ad esempio nelle forme verbali, che passano dal singolare al plurale. La cosa è comprensibile, come rileva la stessa Maria Caterina Atzori, la curatrice: considerando «la novità del Carisma – ancora tutta la studiare –, con la sua specificità, la figura di una giovane donna laica che osa scrivere su argomenti teologici per un vasto pubblico, un ruolo attivo non ancora riconosciuto ai laici in fase preconciliare, ecc.,» non fa meraviglia i testi dovevano essere “addolciti” e universalizzati.

Conoscendo il percorso delle varie edizioni, così come nel confronto con i testi nella forma antecedente la prima edizione, si può ora maggiormente apprezzare il recupero degli scritti nella loro versione originale. Alcuni esempi sono lampanti. Nella famosa meditazione “Ho un solo sposo sulla terra” (n. 14) oggi possiamo leggere, di Gesù Abbandonato, che «Lui è il Peccato, l’Inferno», come nell’originale del 20 settembre 1949, e non più come in precedenti edizioni, quando era diventato semplicemente «il Dolore» o «il Peccato». Non meno interessanti varianti di dettaglio che, ad una lettura attenta, fanno la differenza e si rivelano autentiche perle.

Nella presentazione di oggi mi sono soffermato soprattutto a illustrare il ripristino del testo originale dello scritto “Passeranno i cieli e la terra”:

Si può notare ad esempio una variante di valore letterario, là dove al prosaico «rivedersi sempre» dell’edizione stampata si preferisce il più poetico «sempre rivederci» del manoscritto.

Ma vi sono varianti di ben altro spesso, teologico. Così, al posto di «Dio ab aeterno ci ha pensati» delle edizioni a stampa, viene recuperato l’autografo originale che recita: «Dio ab aeterno ci ha sognati». Sapersi oggetto del “sogno” di Dio suona diverso dal sapersi “pensato” da lui, come ho avuto modo di scrivere un anno fa: https://fabiociardi.blogspot.com/2021/08/sono-in-sogno-di-dio.html

Maria Caterina fa ancora notare che questo testo, apparentemente disincarnato, quasi una meditazione fuori del tempo e dello spazio, è  un biglietto scritto a Igino Giordani, che nell’originale, viene chiamato familiarmente “Focherello”: «Ed io, Focherello, m’accorgo sempre più che “passeranno i Cieli e la terra…” ma il disegno di Dio non passa». Che rapporto amichevole e dolce traspare da questo vezzeggiativo! D’altra parte Chiara Lubich era solita chiamare diverse persone con questi nomi affettuosi. Sto leggendo le sue lettere appena pubblicate e trovo, ad esempio, che anche Aldo Stedile lo chiama “Alderello”, per non parlare delle infinite varianti del nome della sorella Liliana. Eppure, nonostante o proprio grazia a questa intimità, Chiara guarda a Igino Giordani nella sua realtà più vera, in quel disegno che Dio ha su di lui e che non passerà mai, perché lo costituisce in tutta la sua dignità e, se egli è fedele nell’attualo, lo soddisferà, lo appagherà pienamente; ed è la “sola cosa” che può appagarlo, mentre tutto il resto lascia dei vuoti, non porta alla pienezza.

“Per contestualizzare” è la preziosa parte che accompagna ogni testo dell’edizione critica, collocandoli nell’ambito storico. Si può così ricostruire quando, come, perché sono nati certi scritti e la loro comprensione è aiutata di molto.

Maria Caterina Atzori con Chiara Lubich
Tornando al nostro testo - “Passeranno i cieli e la terra” - l’edizione critica ci restituisce anche luogo e tempo: Trappa di Grottaferrata, 1952Cosa ci facevano Chiara Lubich e Igino Giordano in quell’anno dalle Trappiste di Grottaferrata? Adesso quella trappa non c’è più e le monache si sono trasferite a Vitorchiano, sempre nel Lazio. Giordani aveva un rapporto profondo con la badessa, Maria Pia Gullini, una delle pioniere del movimento ecumenico. Nel 1940 egli aveva già scritto la presentazione della prima biografia di sr. Gabriella Sagheddu, che in quella Trappa era morta appena un anno prima, consacrando la sua vita per l’unità della Chiesa. E Chiara Lubich non perseguiva lo stesso ideale?

Per lei è da poco iniziato un momento particolarmente difficile, perché in quello stesso periodo il Sant’Offizio sta conducendo un processo nei suoi confronti. Cosa le dava il coraggio e la forza per essere fedele al suo Ideale? Forse proprio quell’ultima frase che, depennata dalle edizioni del libro Meditazioni, viene recuperata nell’edizione critica: “E lì [dove ab aeterno Dio ci ha sognati] rimaniamo per tutta l’Eternità».

Il libro Meditazioni proporre un cristianesimo che esce dalle chiese e si riversa sulle strade, per incendiare la città (n. 33), fino a che essa diventi «una città d’oro dove il divino è in rilievo» (n. 34).

Colpisce l’enumerazione dei luoghi e degli ambiti: parrocchie, associazioni, società umane, scuole, uffici (n. 33), il chiasso della «radio aperta a tutto spiano dell’inquilino accanto, o lo strepito delle macchine, o l’urlo degli strilloni» (n. 44); la tipologia delle persone: babbo e mamma, figlio e padre, madre e suocera (n. 33), nobile o cencioso (n. 44), «il lattaio, il contadino, il portiere, il pescatore, l’operaio, lo strillone… (…) delusi idealisti, mamme cariche di pesi, innamorati in prossimità delle nozze, vecchiette spente in attesa della morte, ragazzi frementi, tutti» (n. 35); la tipologia delle situazioni più varie: «gioia e dolori, nascite e morti, angosce ed esultazioni, fallimenti e vittorie, incontri, conoscenze, lavoro, malattie e disoccupazione, guerre e flagelli, sorrisi di bambini, affetto di madri» (n. 38). Sono queste le persone chiamate alla santità, questi i luoghi della santità di oggi, queste le situazioni nelle quali si è chiamati alla santità: tutto «è materia prima della nostra santità» (n. 38). Fino a giungere al testo del 12 novembre 1958 che può essere considerato come la cifra del cristianesimo di Chiara Lubich, “L’attrattiva del tempo moderno”, che consiste nel calarsi fino in fondo nel mondo, «mescolati fra tutti, uomo accanto a uomo», per condividere con tutti «l’onta, la fame, le percosse, le brevi gioie», e nello stesso tempo «penetrare nella più alta contemplazione» e «disegnare ricami di luce» sull’umanità (n. 41). Conferma la centralità di questo testo la sua collocazione all’inizio del libro, a cominciare dall’edizione del 1984.

Lavoro ottimo, che mette in luce i testi di Chiara Lubich nelle diverse sfaccettature. A mano a mano che si scorre il libro, questi testi emergono in tutta la loro bellezza. Sono cinquant’anni che li leggo e sempre mi dicono cose nuove. In essi si celano dimensioni ancora segrete, segno che davvero Meditazioni è un “classico” e, come ogni classico, continua a parlare al lettore e a instaurare con lui un colloquio sempre nuovo.

 

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