lunedì 14 agosto 2017

Altra Maria. Il desiderio di apa Pafnunzio



Sapeva che anelito dei più era avere il cuore di Cristo. Non aveva chiesto Gesù di imparare da lui, mite e umile di cuore?
Aveva sentito che, per grazia singolare, ad alcuni degli antichi monaci era stato sostituito il cuore col quello stesso di Cristo.
Apa Pafnunzio non osava neppure pensare ad un favore simile. Quale pretesa avere il cuore di Cristo. Paolo aveva avuto forse di più, il “pensiero” di Cristo. Ma Paolo era Paolo.
  
Dopo tanti anni passati davanti all’icona della Tutta Santa ad apa Pafnunzio era fiorito lentamente un desiderio. Era così sottile e nascosto che per molto tempo non osò neppure palesarlo a se stesso. Gli sembrava troppo ardito. Era un desiderio che forse si addiceva a grandi anime mistiche, non ad un peccatore imperterrito come lui.
Eppure continuava a farsi presente, in maniera quasi impercettibile. Lievitava silenziosamente. Lo cacciava, quasi fosse una testazione, e continuava a tornare.
  
Quella sera, dopo aver acceso il lume davanti alla Madre di Dio, la fissò a lungo in silenzio. Sapeva di non avere lo sguardo puro, ma avrebbe voluto averlo per riconoscere in ciascuno, come solo lei sapeva, il volto di Cristo.
Sapeva quando distorto fosse il suo amore, ma avrebbe volto amare il Signore, come solo lei sapeva amarlo.
Sapeva quanto fossero torbidi i suoi pensieri, ma avrebbe voluto pensare a Dio con quella luce limpida che solo lei illuminava.
Fu allora che con parole semplici le chiese: “Dammi il tuo cuore”.

 Passava il tempo. La richiesta rimaneva insistente e inalterata. Ma il dono non giungeva. Il desiderio sarebbe rimasto disatteso, lo sapeva bene. Eppure continuava a permanere.

 Giunse il giorno della santa Sinassi. Giorno ordinario, come tanti ne erano scorsi nella sua lunga vita di monaco.
Quella volta non fu ordinaria la comunione che si generò tra i sette solitari. Si riaccese il fuoco del carisma, deposto tanti anni prima in ciascuno e in tutti. L’unità fu tale che essi divennero ciò che erano realmente: monaco, “monos”, uno solo!
Quando il pane della benedizione fu mangiato ratificò l’unità e fece dei sette l’uno. Il pane oggi aveva un sapore nuovo. Erano sempre le carne di Cristo, nella fedeltà alla consegna del Signore: “Questo pane è il mio corpo”. Aveva un sapore nuovo: era il corpo generato dalla Madre, erano le carni di Maria.
Quando i sette tornarono alle loro celle, ognuno portò con sé la presenza del Signore, come l’aveva portata la Madre.
Apa Pafnunzio comprese che, trasformato dal pane divino in Cristo, aveva finalmente le carni di Maria. Le aveva chiesto il cuore, adesso era tutto lei.


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