mercoledì 30 marzo 2016

I Dodici oggi



Tornare dopo tanto tempo nella casa sul lago dove ho vissuto per sette anni è stato un po’ un’emozione. Ho colto un piccolo frutto di quel periodo: 24 giovani religiosi di diversi ordini e nazioni riuniti dal desiderio di mantenere viva la comunione tra i carismi. È proprio quello per il quale lavoravamo in quella casa sul lago.
Le cose più belle del mio intervento, sulla concretezza della spiritualità di comunione, sono emerse dal dialogo con loro.
In un attimo mi è sembrato di rivedere Gesù che chiamava personalmente, ad uno ad uno i suoi apostoli, per nome, perché ciascuno fosse legato a lui indissolubilmente, per sempre: “perché rimanessero stabilmente con lui”. Non c’è comunità se non c’è un legame personale, profondo, con Gesù.
Non rimasero tuttavia entità divise tra di loro, ognuna con il proprio rapporto personale con Gesù. Egli “fece i Dodici”, li rese una cosa sola con sé e tra di loro, il “corpo apostolico”.
Mentre li legava a sé, “perché rimanessero stabilmente con lui”, e tra di loro così da formare un corpo, li mandava nel mondo per annunciare la parola: la comunità non è ripiegata su se stessa, ma aperta, è missionaria.
Eccoli lì davanti a me i Dodici, oggi ventiquattro!


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